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Ecco perché Salvini sfonda anche in Sicilia «Sottoproletariato con lui, pesca nel M5S»

Di Mario Barresi |

Professoressa Sara Gentile*, i sondaggi danno la Lega con il vento in poppa. Come se lo spiega?

«È un fatto prevedibile. E deriva da una serie di elementi. Salvini parla all’istintività, a quella che a voi piace definire la pancia dei cittadini, al loro sentire più ancestrale e istintivo».

Eppure ai suoi alleati grillini la cura del “governo del cambiamento” non sta facendo lo stesso effetto. Perché sono populismi diversi?

«In Europa ho censito, fino a luglio, 25 diversi partiti e movimenti populisti, con molti tratti di similitudine. Devo dire che in questo governo gialloverde non riscontro quella terribile ibridazione che altri hanno visto. Sono simili, non identici. La Lega condivide con i cinquestelle l’aspetto protestatario: il popolo, tradito dalla classe politica. Ma Salvini ha sviluppato un altro aspetto: quello identitario. Quel «prima gli italiani», traduzione letterale di uno slogan di Le Pen, è una peculiarità leghista che il M5S non ha. Non basta protestare, ma si fa di un leader carismatico, Salvini, in un paladino della difesa del sé».

Ma quel «prima gli italiani», fino a poco tempo fa, era «solo i padani». E, al di sotto di «Roma ladrona», i meridionali erano considerati alla stregua dei migranti di oggi.

«La frattura etno-regionalista, anziché alla patria o alla nazione, fa riferimento a quello che Weber chiamava “Heimat”, la terra di appartenenza. In questo caso: la Padania dell’ideologo Miglio, perché è chiaro che Bossi non conosceva Weber così come non lo conosce Salvini. In questa frattura la Lega ha prosperato per anni, ma a un certo punto Salvini ha fatto abilmente l’operazione di passare dal partito relegato a questa piccola fantomatica patria al partito nazionale».

Ai siciliani bastano un simbolo diverso e le lusinghe del potere acquisito per dimenticare anni di insulti razzisti? Tutti-leghisti-tutti, perché?

«Perché noi, e non parlo solo dei siciliani, abbiamo un po’ tutti memoria corta. Soprattutto perché l’affollarsi e l’ammassarsi di questa informazione totale cancella velocemente tutto. Il consenso alla Lega avviene per due motivi. Intanto perché Salvini si pone come garante della sicurezza rispetto a ceti sociali terribilmente impauriti di essere ancor più marginalizzati di quanto non lo siano. Se vediamo i dati, la cosa interessante è che il maggiore consenso in Sicilia viene da strati sociali che denominiamo sottoproletariato, il Lumpenproletariat di cui Marx diffidava. E aveva ragione…».

Perché gli “ultimi” di Sicilia decidono di votare Salvini?

«Perché questi strati si sentono sempre più vittime di un sistema che vivono lontano, sono inclini alla protesta come che sia, perché il nuovo padrone forse sarà meglio di quello precedente. E si immedesimano. Tutte le aggressioni a persone di colore, come nel caso di Partinico, hanno fondamentalmente degli aderenti o dei simpatizzanti della Lega, che però vengono da questi strati popolari, con una connotazione».

Qualche illuminato capobastone dei partiti sconfitti spiega l’exploit gialloverde con la crisi del sistema clientelare: «Noi non abbiamo nulla da dare, vanno altrove…».

«Il voto di scambio in Italia è stato una regola e in Sicilia in particolare. I partiti tradizionali scontano, soprattutto a livello regionale, anni di politiche sbagliate. E comunque, al di là della specificità siciliana, la gallina dalle uova d’oro dei populisti, di tutti i populisti, è che le classi politiche tradizionali si sono rivelate impotenti, incapaci di dare risposte, sorde e chiuse nel perseguimento del “particulare”. A ciò si aggiunge che la mala pianta del clientelismo qui da noi è stata la regola».

Ma, nello stato in cui versa l’economia siciliana, perché la «difesa del sé» dovrebbe essere più importante del lavoro che non c’è?

«Il fatto che in Sicilia la disoccupazione sia schizzata al cielo non scalfisce, per ora, Salvini, che attua una strategia martellante che paga. Perché gli permette da una parte di schivare i temi dell’economia e del lavoro e dall’altro fornisce gli un grande mantello di sicurezza. In “Un mondo a rischio”, Ulrich Beck ricorda che fino a tutto il Novecento, quando ci si chiedeva di cosa avesse bisogno l’uomo, la risposta è che deve soddisfare i suoi bisogni primari. “Ho fame”, si diceva. Adesso si risponde: “Ho paura”…».

In Sicilia, davanti alla porta della Lega, c’è la fila di pezzi di classe dirigente del centrodestra…

«Questo è vero. Candiani ha azzerato la Lega in Sicilia, posizionando un fedelissimo di Alfano ad Agrigento e mettendo da parte alcuni come Attaguile. In attesa dei nuovi arrivi: da Forza Italia, forse da DiventeràBellissima, ma soprattutto dall’Udc, dall’area dei centristi. Che, soprattutto da noi, è stata l’area più permeabile a cambiamenti, ma soprattutto quella che persegue una logica che, con termine abusato, potremmo definire gattopardesca. Ma, come insegna anche De Roberto col suo personaggio Consalvo, perché tutto resti com’è bisogna inseguire il cambiamento. “Zietta cara, se io non vado con i rivoluzionari finisce che quelli ci combinano la democrazia…”. Ed ecco i piccoli gruppi di vecchi dirigenti che si spostano con l’agilità degli scoiattoli».

Eppure, oltre al ceto politico, c’è un certo flirt di professionisti e imprenditori con Salvini, anche in Sicilia.

«Salvini sa distinguere il grano dal miglio: da un lato fa pulizia e azzera, dall’altro cerca come classe dirigente pezzi di salotti buoni, borghesia, notabili che si rifanno una verginità. Ma ci sono anche altri elementi. Salvini continua a puntare molto, ed è la stessa strategia della Le Pen, sulle amministrazioni locali. E questo per due ragioni: perché le amministrazioni locali preparano, tassello dopo tassello, punti di forza, gradimento dei cittadini. Al Nord i Comuni amministrati dalla Lega hanno punti di forza in alcune caratteristiche: l’efficienza e vicinanza alla gente. In questa attenzione ai territori, che c’era già nella Lega di Bossi, si ritrova una caratteristica del Partito comunista. Lo statuto della Lega prima maniera è esemplato in maniera pedissequa su quello del Pci».

Non c’è il rischio che il populismo possa essere contaminato, soprattutto in Sicilia, dal clientelismo?

«In parte un processo del genere è già in atto ovunque: cos’è il tizio nominato dal M5S per il controllo dei concorsi universitari? Se non è cooptazione questa… E gli esempi sono tanti. È una risposta a un problema di adattività che deve contraddistinguere un partito per non essere estraneo al contesto. Ma questa adattività non deve diventare eccessiva: il partito viene inquinato da una cultura politica diversa, come avvenuto al Pci nel Mezzogiorno dagli Anni 50, e pertanto contaminato e snaturato».

Un fenomeno che oggi si ripete?

«Sì, enfatizzato dal travaso consistente del vecchio ceto politico che porterà le sue prassi e richieste, il suo “contributo” in tutti sensi. E molti entrano con l’ottenimento o la promessa di posti di potere sul territorio. Una classe politica con cui la Lega, se vuole incrementare il consenso in Sicilia, dovrà fare i conti».

Corsi e ricorsi storici: se fallì l’asse Bossi-Lombardo perché dovrebbe funzionare il Salvini-Musumeci?

«Perché oggi la strategia è un’altra. Perché a entrare nella Lega sarebbero pezzi interi di partiti».

Cancelleri dice a Musumeci: molla Miccichè e scriviamo assieme un contratto su un foglio. Il format gialloverde è possibile in Sicilia?

«Il contratto fa moda e porta bene… Scherzi a parte, il format è replicabile, ma bisogna anche capire cosa succederà al governo nazionale, guardare agli esiti della formula governativa. Io non darei nulla per scontato…».

Twitter: @MarioBarresi

PUBBLICATO SU “LA SICILIA” DI SABATO 8 SETTEMBRE A PAGINA 2

* Sara Gentile è docente di Scienza politica nel Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania, è anche Professeur invité al Cevipof (SciencesPo, Parigi). Autrice di studi su potere carismatico e leadership, recentemente intervistata dal Financial Times sul tema dei populismi in Italia, sta ultimamente approfondendo il tema della sinistra al potere fra Francia e Italia

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