Ebola, il medico catanese adesso è in convalescenza

Di Redazione / 22 Dicembre 2014

ROMA – Dopo i giorni bui intorno all’8 dicembre, quando i bollettini medici parlavano di “terapia intensiva” e “assistenza respiratoria”, oggi il medico di Emergency infettato dal virus Ebola è “convalescente”, una parola che genera ormai un ottimismo diffuso. E mentre l’epidemia continua in Sierra Leone, Liberia e Guinea, uno studio su Lancet Global Health punta il dito contro il Fondo Monetario Internazionale, le cui politiche avrebbero indebolito i sistemi sanitari dell’Africa occidentale rendendoli incapaci di gestire un’emergenza come quella che poi si è puntualmente verificata.
 
«Le condizioni cliniche del medico italiano di Emergency colpito da Ebola sono “buone” – recita il bollettino -. Il paziente ha iniziato il periodo di convalescenza in regime di isolamento ospedaliero». La prima a congratularsi per la notizia è la presidente dell’Ong Cecilia Strada, che su Twitter scrive “e finalmente, del collega allo Spallanzani, possiamo dire che è convalescente: quanto sollievo in una sola parola».
 
L’esempio del medico catanese, che aveva lasciato momentaneamente il suo posto da infettivologo a Enna per andare in Sierra Leone, potrebbe finalmente essere seguito da molti più medici e infermieri italiani, come chiesto dal fondatore di Emergency Gino Strada. Con la legge di Stabilità in dirittura d’arrivo dovrebbe essere approvato un emendamento che velocizza le procedure per l’aspettativa dei medici. La necessità di ulteriori aiuti nei tre Paesi colpiti è sottolineata dai numeri dell’Oms, che certificano come siano ormai più di 7mila i morti per la malattia in Africa occidentale.
 
Tra i responsabili del dilagare del virus, afferma uno studio dei ricercatori dell’università di Cambridge, deve essere annoverato anche il Fondo Monetario Internazionale. Secondo la ricerca, che ha analizzato tutte le politiche del Fondo nell’area a partire dagli anni ‘90, sono tre i problemi principali sollevati dalle politiche. «In primo luogo l’Fmi ha richiesto politiche che hanno ridotto la spesa pubblica, assorbendo fondi che potevano essere diretti ad affrontare i problemi della sanità – scrivono gli autori -. In secondo luogo il tetto imposto alle spese sanitarie ha impedito di assumere e pagare adeguatamente medici e infermiere negli anni passati, con le cifre del personale sanitario che sono crollate. Infine la spinta del Fondo a un sistema decentralizzato, anche se con l’intenzione di favorire le comunità locali, nei fatti ha impedito una risposta coordinata all’epidemia».

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