CATANIA – E’ siciliano e si chiama Fabrizio il medico di 50 anni che ha contratto il virus dell’Ebola durante la sua prima missione con Emergency in Sierra Leone. Prima di partire per l’Italia, dove è arrivato stamattina, ha anche contattato i suoi familiari, la moglie e i due figli. L’uomo ha spiegato alla sua famiglia di stare bene e di avere fiducia nei colleghi che lo cureranno. La moglie del medico ha comunque chiesto rassicurazioni ufficiali ai ministeri degli Esteri e della Salute. Il medico italiano era alla fine della sua esperienza in Sierra Leone – dove ha collaborato al centro allestito a Lakka da Emergency contro il virus Ebola – e venerdì sarebbe sarebbe tornato in Italia. A Lakka operano circa 110 operatori Emergency tra medici, infermieri, logistici e collaboratori.
Appena giunto all’aeroporto di Pratica di Mare il medico è stato accompagnato all’ospedale Spallanzani. E’ stato trasferito in ospedale, dopo essere arrivato su un Boeing KC–767 dell’Aeronautica Militare a Pratica di Mare, a bordo di un’ambulanza equipaggiata in biocontenimento. L’ambulanza è stata scortata dai carabinieri e dai vigili del fuoco.
«Tutta l’operazione si è svolta come pianificato e secondo le procedure per le quali siamo addestrati ad operare» ha detto il colonnello Roberto Biselli, capo del team di biocontenimento dell’Aeronautica militare, a proposito del trasferimento dalla Sierra Leone a Roma del medico di Emergency contagiato dal virus ebola. «In ogni momento – ha aggiunto – è stato possibile assistere, in condizioni di massima sicurezza, il paziente, che è risultato tranquillo lungo la rotta».
IL DIRIGENTE DEL MEDICO CONTAGIATO
«Aveva chiesto l’autorizzazione a partire e nonostante l’organico non fosse a pieno regime l’abbiamo concessa vista la nobile causa alla base della domanda: andare in una zona difficile dove serviva un esperto di malattie infettive». E’ il racconto del commissario dell’Azienda sanitaria ospedaliere siciliana che coordina l’ospedale dove lavora il medico che ha contratto il virus Ebola.
Il direttore sanitario del nosocomio si dice «in allerta per il collega», e afferma di «seguire con attenzione il decorso della sua malattia», che sarebbe al quinto-sesto giorno. «Non è gravissimo – sottolinea – e siamo fiduciosi perché è in cura in uno dei migliori ospedali europei per questo tipo di patologia».
LE RASSICURAZIONI ALLA FAMIGLIA
Come detto, il medico prima di partire per l’Italia aveva contattato i suoi familiari. Poche parole – come riporta il quotidiano La Stampa – per rassicurare i familiari: «Tesoro stai tranquilla: è tutto sotto controllo. Io mi sento bene e sarò assistito e curato nel migliore dei modi. Mi senti? Se ti sto parlando vuol dire che è tutto ok. Arriverò in Italia con tutte le precauzioni possibili». Con una telefonata intercontinentale di pochi minuti, ha provato a rasserenare anche la figlia maggiore. C’è riuscito solo a metà. «Le rassicurazioni di mio padre sono state sicuramente un grande regalo – racconta la ragazza con un tono di voce calmo ma a tratti spaventato – perchè sentire dalla sua voce che sta bene è tutta un’altra cosa che saperlo per via indiretta.
Sappiamo peraltro che non ha i sintomi del virus e che comunque sarà isolato e trattato con tutte le attenzioni del caso. Ma che dirle? La paura c’è sempre, per questo non mi sento tanto di parlare di lui e del suo impegno in Africa». Una cosa però la vuole precisare: «Papà non era mai andato in Africa prima d’ora.
È partito consapevole dei rischi che poteva correre, un mese e mezzo fa, proprio per aiutare quella povera gente che sta vivendo un dramma enorme. Prudente e coscienzioso è sempre stato attento a seguire i protocolli. Non sappiamo nulla sulle modalità del contagio».