Se con una moviola si potesse tornare indietro a quando tutto ha avuto inizio, ci troveremmo qui, sulla vecchia darsena del porto di Augusta, per la precisione un paio di metri più in là del chiosco dove con Diego Pascal Panarello ci fermiamo a parlare, dove si trovava un negozio di souvenir, coi suoi carretti siciliani, le madonne delle lacrime, le statuette di Pippu u mafiusu, le cartoline sbiadite di strade e piazze che si stenta a riconoscere, e dove Diego una mattina compra un marranzano. «Mi ero svegliato in preda all’impulso di doverlo fare, e quel posto era l’unico dove poterlo trovare. Dalla prima volta che l’ho suonato, le vibrazioni che rimandava davano un piacere che da subito ho pensato avessero qualcosa da raccontare».
Diego Pascal Panarello ospite della trasmissione televisiva jakuta “Afternoon Life Show”
Considerato uno degli strumenti musicali più antichi al mondo, ne esiste almeno un modello in ogni Paese, è uno strumento nomade, chiamato anche Arpa dello Zingaro, «Mette in discussione i confini e le nazionalità del genere umano» dice Diego, che sul marranzano ha costruito Lo strano suono della felicità, documentario con cui è in concorso al festival internazionale Dok Leipzig di Lipsia (proiettato per la prima volta l’1 novembre, verrà riproposto sabato 4 novembre).
Un percorso professionale anarchico e ribelle come il suo ciuffo di capelli: interrompe gli studi al Dams di Bologna e inizia la sua attività di film-maker con il collettivo Psycho Freak Explosion: «Facevamo film porno-splatter molto divertenti. Non erano film con cui ti masturbavi, erano deliranti, spesso fantapolitici».
Con lo stesso gruppo realizza il documentario The Diabolikal Super-kriminal: «Raccontava di un fotoromanzo sexy noir italiano degli anni ’60, Killing, all’epoca perseguitato dalla magistratura e dalla censura».
A Milano collabora con Mtv, Sky e Mediaset come montatore e autore, «Mi serviva per tirare su soldi, ho anche lavorato per il reality La talpa, il lavoro più pagato della mia vita». La collaborazione poi con la televisione svizzera fa crescere il suo interesse per il documentario, e la voglia di saperne di più sul marranzano, – «Ho iniziato a fare delle ricerche, a incontrare musicisti e maestri di questo strumento, e grazie a un crowdfunding sono andato nella mecca del marranzano, in Jacuzia» – , dove il marranzano si studia già all’asilo, e dove ogni anno dedicano un’intera giornata a questo strumento, il Khomus day. «Ho poi mostrato il materiale raccolto alla casa di produzione Stefilm di Torino e con loro abbiamo trovato la coproduzione tedesca della Kick-film».
Donne jakute in costume tradizionale festeggiano il solstizio d’estate, giornata in cui il suono del marranzano è parte delle celebrazioni
Nel documentario viene raccontato il lato fantastico che la realtà nasconde, che diventa più vero e ha più senso della realtà stessa. Il marranzano è qualcosa di vivo, che respira.
«La storia è vera ma sfocia in temi e situazioni fantastiche. Gli jakuti hanno una cultura animista, e uno strumento del genere, già di per sé enigmatico, sembra la chiave di una porta d’accesso a un altro mondo, ha per loro un profondo valore: lo utilizzano per comunicare col mondo dei morti, come strumento mediatico, e per connettersi col mondo della natura».
Protagonista involontario del suo documentario, chi non volesse appellarsi al diritto matematico delle coincidenze la chiamerebbe una profezia, Diego in Jacuzia si ritrova protagonista di un’antica leggenda, «Il grande poeta jakuto Alexei Kulakowski scrisse del giorno in cui la Yakutia, territorio immenso e sconosciuto, sarebbe entrata in contatto con il resto del mondo attraverso lo scacciapensieri, mi piace pensare che questo poema profetico si è in qualche modo realizzato attraverso di me».
Non a caso Diego diventa per loro una star, incontra ministri, viene intervistato e ospitato nei loro talk-show. Il distributore internazionale del documentario è Heino Deckert, lo stesso che distribuisce l’ultimo film dell’artista Ai Weiwei, Human Flow, «Quando Deckert, uomo di poche parole, ha visto il film – racconta Diego sorridendo – accettando di occuparsi della distribuzione, in un’email coincisa ha scritto: 100% stoned people film».