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Delitto Loris, Davide Stival vuole dalla moglie Veronica un risarcimento di due mln di euro

Di Carmela Marino |

RAGUSA – Lui non le crede e vuole la separazione, lei non ci sta a subire quello che ritiene sia «il danno oltre alla beffa». Quello che potrebbe sembrare una lite coniugale è invece l’ennesimo drammatico ‘strappò che si consuma in aula tra Davide Stival e la moglie Veronica Panarello, schierati su fronti opposti nel processo in cui la donna è imputata per avere ucciso il loro figlio maggiore, Loris, di 8 anni, e averne poi occultato il corpo. Per lei la Procura ha chiesto la condanna a 30 anni di reclusione.

Lui è parte civile nel procedimento che si celebra, col rito abbreviato, davanti al Gup di Ragusa, Andrea Reale. Lei è accusata di avere strangolato il bambino, il 29 novembre del 2014, nella loro casa di Santa Croce Camerina, e di averne poi gettato il corpicino nel canalone di contrada Mulino Vecchio. Ma si è sempre proclamata innocente, chiedendo il conforto e il sostegno del marito. Che non le crede e ha preso le distanze da lei anche quando ha accusato suo padre, Andrea Stival, di avere ucciso Loris perché voleva rivelare la loro relazione.

Così Davide Stival, tramite il suo legale, l’avvocato Daniele Scrofani, in udienza ha depositato una richiesta di risarcimento: 2 milioni di euro, per tutti i danni che gli ha procurato. Stessa cifra ha chiesto la suocera di Veronica, Pinuccia Aprile. Lei, impassibile durante tutta la durata dell’ udienza, accenna a un sorriso ironico quando sente la richiesta. Ma tace. Si scatena, invece, quando, il legale del suocero, l’ avvocato Francesco Biazzo, a conclusione del suo intervento come parte civile chiede un risarcimento equitativo di 400mila euro esplode: «Non soltanto hai ucciso Loris – urla la donna – ma hai anche il coraggio di chiedermi un risarcimento del danno: potete fare e dire quello che volete, ma questa è la verità, e non torno indietro di un millimetro».

E non si schiodano dalle rispettive posizioni tutte le parti in causa. «Ho perso un figlio e anche il lavoro, adesso voglio soltanto giustizia», dice Davide Stival. Il suo legale accusa Veronica Panarello di essere «una grande manipolatrice» che ha coinvolto il suocero come «un’escamotage perché non aveva altra chance per tentare di uscire dall’essere accusata». Il penalista rivela di «non avere sposato la tesi del movente», ma di «averla lasciata aperta» perché, ha spiegato in aula, «a questo punto, e con le acquisizioni probatorie così forti, la sua individuazione è assolutamente irrilevante». Andrea Stival dice di «non avere guardato Veronica negli occhi», e che «un’eventuale condanna a 30, 40 o 50 anni non basteranno a rendere giustizia a Loris», perché «da due anni dice soltanto menzogne». Presunte bugie che il suo legale, l’avvocato Francesco Biazzo, prova a smontare in aula, anche se parla da avvocato di parte civile: «Loris minaccia di rivelare al padre del suo rapporto col nonno e lei non chiama Andrea per dirgli del pericolo?». Nessun contatto telefonico emerge tra Veronica e il suocero il 19 novembre, giorno in cui il piccolo avrebbe scoperto la “tresca”, e neppure il 20 e il 21, quando Davide torna a casa. Il padre riparte il 27 novembre, due giorni prima del delitto. «E in una settimana – osserva Biazzo – un bambino che ha 8 anni non dice alcunché?». Per il penalista, «Loris lo ha ucciso, senza dubbio, lei, da sola» anche perché, ha chiosato, «è dimostrato dagli atti del processo, oltre ogni ragionevole dubbio, che al momento del delitto lei era in casa ed era da sola».

Di «anomalia nel processo» parla invece il legale di Veronica Panarello, l’avvocato Francesco Villardita: «c’è una parte civile – spiega – che è anche indagata per lo stesso reato dell’imputata. Ed è una parte civile che non condivide, anzi contesta, una parte importante della requisitoria della Pubblica accusa: quella sul movente, fornendone un altro». Sarà un tema dell’arringa che terrà venerdì prossimo.

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