Oggi alla Festa dell’Unità arriva Massimo D’Alema. Ufficialmente per parlare delle “sfide della sinistra nel disordine mondiale”, assieme al ministro Paolo Gentiloni, stimolato dal direttore del Foglio, Claudio Cerasa. Ma il vero disordine, nel Pd monosillabo affermativo sul referendum, è il comitato del no promosso dall’ex ministro degli Esteri.
Il che sta provocando un certo subbuglio anche nell’Isola. A proposito: chi sono, oggi, i Max-boys siciliani? «Più che di dalemismo, si può parlare di post-dalemismo. Anche perché quella di D’Alema non è mai stata una corrente strutturata», teorizza Fausto Raciti. Che, pur non rinnegando il suo soprannome, “Dalemino”, per «un rapporto di immutata stima, rafforzato dall’affetto personale», si tiene lontano dal club “Aridetece il Baffino”. Impegnato com’è – il segretario regionale, figlio del compromesso storico fra le varie tribù sicule – a tenere tutte le pecorelle dentro il recinto del “sì”.
E dunque dalemismo e fronte del no s’incrociano a Villa Bellini. Perché se alcuni storici esponenti siciliani (a partire dall’assessore Antonello Cracolici) sono ortodossi sul voto per le riforme, altri sono schierati per il no. Come il deputato agrigentino Angelo Capodicasa, ex presidente della Regione. Lui sì, dalemiano in servizio permanente effettivo. Così come Mirello Crisafulli, che oggi – dopo il bagno di folla di domenica – sarà presente nello stand della “sua” facoltà romena a Enna. «Torno per D’Alema, ho il piacere di salutarlo», ammette. Ma, quando il discorso cade su referendum e dalemismo, la risposta è depistante: «Non faccio più politica. Io mi occupo di università». Fra i più attivi sul fronte del no, il deputato siracusano Pippo Zappulla (per storia personale più bersaniano che dalemiano), molto in sintonia con l’ala più critica della Cgil, con un discreto feeling anche con Sinistra Italiana.
Mimetizzati, imbarazzati, inibiti, sornioni e attendisti. Gli ex dalemiani di Sicilia sono tanti. Quasi tutti schierati, per scelta o per necessità, per il sì. Il caso emblematico è Anna Finocchiaro, catanese, pupilla per antonomasia di D’Alema, ora madrina e madre putativa della riforma di Maria Elena Boschi. Magari oggi, quando il Líder Maximo passeggerà fra i gazebo di Villa Bellini, qualcuno avrà un tuffo al cuore. Qualche secondo, non di più. Prima di tornare alla realpolitik. Della sopravvivenza. Di se stessi. Il dalemismo, oggi, è soltanto dalemitudine.
Twitter: @MarioBarresi