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Coronavirus, Musumeci: «Sicilia, ecco il piano per la fase 2»
Presidente Nello Musumeci, innanzitutto ci permetta: come sta? Il suo tampone è stato negativo, ma come si vive, umanamente, la tensione dopo più di un mese consecutivo di emergenza?«In salute sto bene, grazie. È chiaro che viviamo tutti con sofferenza questa assurda condizione. Mi sento vicino ai milioni di siciliani costretti a rimanere a casa e che stanno dando una bella dimostrazione di disciplina e di civismo a tutti gli italiani».
Gli ultimi dati siciliani confermano che il peggio sembra essere passato: 62 contagiati in più, ma soprattutto 209 guariti.Siamo quasi fuori dal tunnel? «Se oggi i numeri ci danno ragione è perché sin dall’inizio abbiamo voluto seguire la linea del rigore e della prudenza. Se guardo ai numeri delle altre Regioni mi sento autorizzato a dire che il sistema sanitario siciliano ha retto e sta reggendo abbastanza bene. Ed è merito di una sana programmazione, ma anche di un appassionato impegno dei medici, degli infermieri e di tutti gli operatori sanitari. Anche loro alla prima esperienza. Certo non sono mancati anche in Sicilia episodi di carenze e qualche errore: ne faremo tesoro per il futuro, anche perché, lo ripeto, non è finita qui».
Il piano d’emergenza, con l’aumento dei posti in terapia intensiva e i Covid-Hospital, potrebbe non servire più nell’ordine di grandezza in cui era stato concepito. Ma quella mappa a che punto è? Qual è l’effettiva disponibilità in questo momento?«Eh no! Ho voluto incontrare a Palermo tutti i direttori generali della sanità regionale, ai quali ho raccomandato di proseguire nella realizzazione del piano emergenziale. Sempre pronti al peggio. Il presente è il risultato del lavoro di settimane di confronto tra buona politica e competenza scientifica. È ovvio che dobbiamo subito iniziare a preparare un piano per il giorno dopo l’emergenza, perché questa stagione deve insegnare a tutti che la sanità non può essere fatta solo di tagli».
Tamponi e studi epidemiologici promuovono l’efficacia della linea dura. E la sua è stata ancor più dura di quella del governo nazionale. Ma le sottoponiamo due “sliding doors”. La prima: cosa sarebbe successo senza la stretta? La seconda: c’è qualcosa che si poteva fare, di più e prima, e invece non s’è fatto?«Lo ripeto: la linea dura adottata in Sicilia risulta finora vincente. Lo confermano due alleati insospettabili: da una parte il Comitato tecnico-scientifico della Regione, dall’altra il linguaggio dei numeri. Anche la decisione di sottoporre a isolamento in quarantena tutti coloro che sono rientrati nell’Isola, prima dalle zone rosse e poi da qualsiasi località di provenienza, ci ha consentito di agire sul fronte del distanziamento sociale, che è la più importante regola da seguire. Si sa, tutti i nostri focolai sono stati d’importazione e il contagio è nato dalle aree di maggiore diffusione del Nord. Quindi non ero un folle quando, a fine febbraio, ho invitato i turisti del Nord a rinviare a tempi migliori la propria venuta in Sicilia. E la mia è rimasta una voce isolata e persino contestata da quanti oggi fanno i paladini del rigore. Quanta miseria umana! Alla sua domanda se da noi si poteva fare di più le rispondo: nulla che fosse prevedibile».
A proposito di rimpianti: rifarebbe quel post notturno in cui denunciava lo sbarco massiccio dallo Stretto? Il ministro Lamorgese, piuttosto piccata, la smentì con i dati, a sua volta smentita nei fatti dal blitz del sindaco De Luca. Dove sta la verità?«La verità sta nelle foto e nei filmati. Lo rifarei altre cento volte perché è nel mio diritto-dovere protestare, anche a muso duro, ma sempre nel rispetto del garbo istituzionale che il presidente di una grande Regione non deve mai abbandonare. Del resto, la Sicilia è stanca di spettacoli nella politica».
La scelta di importare dispositivi sanitari dalla Cina sarà seguita anche per dotare i cittadini delle mascherine, nostre compagne di vita chissà per quanti altri mesi ancora?«È stato un lavoro immenso e temevamo che alla fine l’accordo con i referenti dell’Ismett cinese potesse saltare. Tutto il mondo sta cercando le stesse cose e tutti le cercano nello stesso posto. Si sa, le buone operazioni hanno tanti padri, ma in questo caso qualcuno, a livello locale, si è fatto prendere la mano nella vana ricerca di visibilità. Ovviamente alla mascherina dovremo abituarci ancora per parecchi mesi: giusto cominciare con gli operatori sanitari che sono nella trincea del dovere, ma abbiamo già iniziato a distribuire dispositivi di protezione anche alle Case di riposo, alle Rsa, alle forze dell’ordine e ai commercianti. Valuteremo nelle prossime settimane quale sarà la produzione locale e come organizzare una ancora più ampia distribuzione».
Nella Sicilia “blindata” per le festività pasquali, c’è chi s’è lamentato – Miccichè, ma non solo – per la mancata deroga alla consegna dei generi alimentari. Perché non l’ha concessa?«Perché non voglio vedere gente per strada. Basta sapersi organizzare con le provviste. E le immagini che avrà visto anche lei in queste ore sono sconfortanti. Viviamo settimane difficili, tante volte ho dovuto assumere decisioni non facili, a volte persino impopolari. Ma preferisco prendermi qualche gratuito insulto su Facebook piuttosto che creare in giro occasioni di facili contagi».
Anche nei sondaggi i siciliani promuovono la sua gestione dell’emergenza. Ma qualcuno le contesta un eccesso di autoritarismo. La linea di andare avanti di ordinanza in ordinanza è davvero obbligata?«Intanto non è una scelta autoritaria, la mia, ma è la decisione concordata con il governo nazionale. Lo Stato individua le misure di cornice, le Regioni possono restringerne la portata. So che i siciliani hanno avuto paura in queste settimane. Le televisioni hanno portato nelle nostre case il dolore della morte. Decisioni nette e celeri erano e sono indispensabili. Di queste scelte, ovviamente, io e solo io mi assumo per intero la responsabilità».
Anche le opposizioni all’Ars le hanno dato un credito di fiducia emergenziale per quasi tutto questo mese. Poi, qualcosa s’è rotto dopo la richiesta di applicare l’articolo 31 dello Statuto per comandare polizia ed esercito in Sicilia. Una scelta che conferma?« Sulle scelte emergenziali abbiamo riferito nelle commissioni e in Aula; ho incontrato i capigruppo della coalizione di governo e quelli delle opposizioni. L’articolo 31 dello Statuto? Finalmente se ne parla, dopo 74 anni di servile silenzio. Abbiamo solo chiesto allo Stato di dirci se quell’articolo vuole applicarlo o meno. Tutto qui. Mi viene da ridere se penso a poteri speciali o a pieni poteri. Ci bastano i poteri costituzionali».
Nella cabina di regia Stato-Regioni, a Conte ha detto di essere favorevole al lockdown fino al 3 maggio, procedendo solo dopo a «una riapertura parziale e graduale delle attività». Ecco, ha in testa un’ipotesi di “fase 2” in Sicilia? Chi potrà ripartire e quando?«Non sono i decreti governativi a decidere quando si passerà alla “fase 2”, ma i numeri del contagio. L’ho detto l’altra sera al presidente Conte. Serve tuttavia una prudente graduale riapertura, almeno per quei cantieri di lavori pubblici che non comportano assembramento di operai e nel rispetto delle distanze. Se al Nord si può continuare a lavorare per il ponte di Genova, non capisco perché in Sicilia non si possa fare lo stesso, specie sulle reti stradali e ferroviarie. Ma spero che presto si torni alla normalità».
Alla fine le vittime del virus saranno paragonabili a quelle della dura crisi economica. Le scelte sono globalizzate, ma, per le sue competenze, qual è il piano per far ripartire la Sicilia?«La nostra economia è in ginocchio, molte famiglie e le imprese vivono nel dramma. Abbiamo appena varato una legge di Stabilità che proponiamo a giorni all’Assemblea regionale: serve ad aiutare gli operatori economici, i professionisti, i lavoratori e le famiglie. Una iniezione di liquidità, per centinaia di milioni di euro. Assieme ad essa servono gli investimenti: al governo nazionale e all’Europa chiediamo perciò nuove regole per spendere più in fretta possibile e fare ripartire la nostra economia. Ma ha perfettamente ragione lei: la politica economica di un Continente non la decide solo una Regione. E l’Europa, soprattutto ora, deve dimostrare di essere madre e non matrigna».Twitter: @MarioBarresi
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