Cecchi Paone: «Se per immortalare la Sicilia devi rinunciare all’inquadratura totale»

Di Alessandro Cecchi Paone / 01 Settembre 2019

Chi per mestiere fa documentari e programmi televisivi, come me, impara presto che per rappresentare la Sicilia bisogna a priori rinunziare alla più importante delle inquadrature. L’inquadratura totale. Mentre l’autore può godere, e con lui lo spettatore, di una miriade pressoché infinita di dettagli e particolari senza pari.

Ricordo a esempio molti anni fa, mentre commentavo in diretta sul posto la visita di un Presidente della Repubblica ai Templi di Agrigento, come il bravissimo regista se stringeva l’inquadratura ci faceva beare delle meraviglie della Magna Grecia, se la allargava non poteva evitare lo sfondo orrendo dei palazzacci della speculazione. Stessa storia nella mia adorata Siracusa, dove per la “Macchina del Tempo” decisi di intervistare, in mare su una barca, il grandissimo Enzo Maiorca. Proprio dove, sotto la casa di famiglia, cominciò a tuffarsi, a nuotare e a immergersi. Fu un’impresa improba tenerlo inquadrato con alle spalle acque limpide e bellissime scogliere, tagliando via dalle immagini la devastazione edilizia che deturpa quella costa.

Certo, soccorre sempre e ovunque, come dicevo all’inizio, il risvolto di eccellenza che conforta occhi, anime e obbiettivi. Cosa c’è di più bello dell’illuminazione notturna di Ortigia o del centro storico di Catania? Non c’è quinta teatrale all’altezza della biblioteca lignea di Palazzo Branciforte restaurata a Palermo da Gae Aulenti per la Fondazione Sicilia. Ma dobbiamo pur dire che parliamo di una città di mare dove il mare non si vede, se non si sale sul Monte Pellegrino o non si sverna a Mondello, a causa della cementificazione del lungomare. 

Come si spiega tanta generosità di primi piani fantasmagorici incorniciati così male? Perché il prezioso gusto millenario dei siciliani, delle loro case, dei loro giardini, la bellezza assoluta dei loro volti e dei loro corpi, viene continuamente offesa da quel che li circonda ? È come se il gusto estetico innato nella gente di Sicilia mancasse invece alla classe dirigente nel suo complesso, fatte le debite eccezioni. Quella che avrebbe dovuto, e dovrebbe, e dovrà, occuparsi del contesto comune, del decoro complessivo, del bene collettivo.

Per me è difficile protestare più di tanto, perché aver diretto la regia di Tosca nei teatri greci di Taormina, Tindari e Siracusa è un privilegio che vale una vita artistica, anche se ti confermano l’impegno solo due mesi prima e poi devi fare i salti mortali per debuttare con successo, grazie solo all’aiuto di giovani del posto entusiasti e volenterosi.

Cosa impedisce così clamorosamente la programmazione, la previsione dei flussi turistici, la visione di insieme, la valutazione delle priorità, e favorisce solo l’urgenza, il provvisorio e, appunto, il “particulare”?

A proposito, se volete mostrare ai visitatori italiani e stranieri le meraviglie di Castel Eurialo, metto a disposizione il mio documentario su Archimede realizzato interamente al suo interno. Visto che il sito è stato solo parzialmente riaperto da poco dopo essere rimasto chiuso e vergognosamente abbandonato dalle incompetenti autorità regionali e sindacali.

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Redazione
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