Sulla facciata della chiesa monumentale, infatti, nel tempo sono cresciute piante e persino alberi, tra cui una palma, un Ficus Benjamin, un fico e tanti cespugli di capperi, che, con le loro radici si fanno strada tra le malte della costruzione dissestandola. Da tempo il rettore di San Nicola, mons. Gaetano Zito, chiedeva al Comune un intervento per rimuovere questa situazione, ma quando finalmente sono arrivati i vigili del fuoco con le loro attrezzature hanno dovuto prendere atto che non erano adeguate allo scopo. Di qui l’idea di rivolgersi agli speleologi del Cai che, a loro volta, si erano detti disponibili ad iniziative di volontariato a favore della città. Per Catania, del resto, si erano già spesi in occasione dell’inaugurazione del «Lungomare liberato» quando hanno ripulito la scogliera dall’immondizia gettata con noncuranza e inciviltà dai catanesi. Nelle zone più impervie, infatti, non è possibile arrivare, neppure qualora gli operatori ecologici se ne facessero carico. E non lo fanno. Un’iniziativa meritoria, che non si ripeterà dati gli esiti. Poche settimane dopo la scogliera era sporca come prima.
«Oltre all’homo erectus, a Catania esiste una sottospecie, quella dll’homo zzaurdus», ironizza amaro il dott. Giuseppe Priolo, direttore del «Gruppo grotte» del Cai, che nella vita fa il quality manager, ma è anche un esperto speleologo, specialista nella scoperta e nello studio delle grotte vulcaniche. A giugno scorso, con altri 10 dei suoi, ha fatto un primo intervento esplorativo, rimuovendo piante ed alberi, e ieri, con altrettanti speleologi, è ritornato per estirpare le piante nate nuovamente sulla terra trasportata dal vento e per utilizzare i diserbanti delle zone dove è necessario. E lo hanno fatto a conclusione della «Giornata nazionale della speleologia» che si è tenuta l’1 e il 2 ottobre con due escursioni, una alla «Grotta della catanese» a Ragalna, e l’altra alla «Grotta di Serracozzo», sul versante orientale dell’Etna, creata dalla colata lavica del 1971 che minacciò Fornazzo e i paesi limitrofi. Contemporaneamente all’interno di San Nicola è stata allestita una mostra fotografia e, infine, ieri, la spettacolare «pulizia» della facciata, fatta con la tecnica speleologica su sola corda, che ha lasciato con il naso all’insù tanti turisti e cittadini. Un’iniziativa volta anche a fare conoscere l’attività del gruppo e del Cai e a invogliare i giovani a farvi parte. Chi volesse può rivolgersi alla sede di via Messina 593/a, tel. 095.7153515.
E mentre gli speleologi scalavano la facciata della chiesa, all’interno alcune socie dell’«Accademia dell’arte Etrusca» continuavano, da volontarie, il paziente lavoro di pulitura dell’altare e delle lampade di bronzo dorato che, con pennello, acqua distillata, qualche goccia di alcool e olio di gomito, sono ritornati a splendere. Ulteriore esempio di collaborazione tra enti e volontari.