CATANIA – Separarsi più velocemente e senza passare da un’aula di Tribunale. L’idea era quella di abbreviare i tempi, in attesa della legge sul “divorzio breve” il cui testo è stato già approvato dalla Commissione Giustizia del Senato. Ma la nuova legge 162 del 2014, cosiddetta del “divorzio facile” piace solo a chi deve mettere la parola fine al matrimonio, meno a chi deve applicarla (in vigore dal 12 settembre 2014). In primis, agli ufficiali di stato civile del Comune che, da un giorno all’altro, si sono ritrovati sulla testa anche questa incombenza. A Catania, infatti, dal 12 dicembre, giorno in cui questo servizio ha iniziato a funzionare, sono già quindici i casi di persone che si sono separate o divorziate consensualmente senza avvocati. La maggior parte di queste coppie si è presentata davanti a Margherita Ricca, ufficiale di Stato civile del Comune. «Per questo mese di febbraio – dice – sono in corso altre venti pratiche tra separazioni e divorzi.
Sicuramente per l’utente è un servizio che sta andando bene, ma per noi no».
Perché?
«Perché non abbiamo nè mezzi, nè personale. Ci stiamo arrangiando tra le mille cose che già facciamo e, finora, nonostante tutto, brutta figura non ne stiamo facendo».
Nella sostanza, non cambia nulla della legge sul divorzio. Restano i due gradi di giudizio e tre anni di attesa tra la separazione e il divorzio. La nuova legge ha stabilito che separazioni e divorzi si possono ottenere non più soltanto in Tribunale, ma anche al Comune. Per accedere al “divorzio facile”, senza avvocati, bisogna avere determinati requisiti. Primo, la separarazione deve essere consensuale; poi non devono avere figli minori o con disabilità, infine non devono avere patrimoni da dividere. Negli altri casi, si può ricorrere alla negoziazione assistita dagli avvocati. E poi c’è sempre la via “ordinaria”.
Che tipo coppie vi hanno fatto ricorso, finora?
«Non si può fare un’identikit preciso. Si tratta di coppie di ogni età ed estrazione sociale. In ogni caso se ne vanno tutti contenti perché devono solo pagare un bollettino di 16 euro al Comune; da un avvocato spenderebbero molto di più, dai 500 ai 2000 euro».
Ma i catanesi sono informati di questa nuova possibilità?
«Informatissimi, anche più di noi. Noi abbiamo dovuto ricorrere ad un aggiornamento fai da te. Nessuno ha mai pensato di farlo. Prima di Natale abbiamo partecipato ad un incontro in Tribunale con i magistrati. Ci è sembrato che questa legge, a loro, non fosse tanto gradita, come se noi avessimo fatto di tutto per ottenere questo “potere” al posto loro. In realtà per noi è un problema. Nessun Comune ha gente preparata o che conosce il diritto. Ci siamo ritrovati con questo servizio sulla testa e stiamo cercando di portarlo avanti nel migliore dei modi. Prima eravamo noi a ricevere gli atti dal Tribunale e a trascriverli, ora è come se fungessimo noi da “giudici”».
Oltre l’aspetto tecnico c’è anche un lato psicologico da tenere in considerazione quando una coppia viene per separarsi…
«Certo, quando si presentano qua due coniugi qualcosa si deve pur dire e bisogna anche essere preparati.
Cercare di capire chi hai davanti, per quale motivo sono arrivati qua, se si possono riconciliare… non è facile.
Io sono anche assistente sociale e so cosa significa un approccio psicologico, ma gli altri miei colleghi sono degli amministrativi che si sono ritrovati ad affrontare una situazione del tutto nuova. Secondo me, un corso si doveva fare ma non solo a Catania, in tutt’Italia».
Cosa dice alle coppie che si presentano da lei?
«Prima chiediamo perché si arriva a questa separazione, tante volte, se sono anziani, capiamo che si stanno separando solo per motivi fiscali, è una finta separazione. Non che in passato non ci fossero, ma prima si doveva andare davanti al giudice e si doveva pagare molto di più. Quando le pratiche arrivavano dal Tribunale qui da noi per la notifica, si capiva già che si erano “riconciliati”. Chi va a separazione veramente è chi si presenta davanti al giudice, quelle sono le vere separazioni. Le posso assicurare che la maggior parte delle persone lo fa per una questione fiscale. Noi non siamo poliziotti o magistrati e quindi non tocca a noi controllare queste situazioni, ma l’esperienza conta e si vede subito».
In quanti siete a sbrigare queste pratiche?
«Due/tre. Principalmente è lo stesso collega che curava le separazioni “ordinarie”, quelle che arrivano dagli avvocati».
Quanto tempo passa per separarsi in Comune?
«Devono trascorrere non meno di trenta giorni. In questo periodo la coppia può ripensarci e non presentarsi più. Se si ripresentano, l’iter va avanti, facciamo il vero accordo e da quel momento sono separati».