Catania, la fine della Porta della bellezza: le promesse perdute del Comune
Catania, la fine della Porta della bellezza: le promesse perdute del Comune
Promesse, come sempre, promesse. Fatte dalle amministrazioni comunali di Catania, senza distinzione di colore politico, ad un quartiere, a tante famiglie e a migliaia di bambini di Librino. Promesse iniziate il 15 maggio del 2009, all’inaugurazione della Porta della bellezza, dall’allora sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli, e rinnovate dall’attuale amministrazione con a capo Enzo Bianco. Quel giorno, Stancanelli dichiarò davanti a tutti i bambini delle scuole partecipanti all’iniziativa, che il Comune si sarebbe preso l’impegno di curare lo spazio antistante la cosiddetta Porta della bellezza, opera d’arte che segna l’entrata al popoloso quartiere di Librino, spazio che si estende per 3 km, dall’uscita all’entrata dell’asse attrezzato. Ma le amministrazioni municipali spesso si dimenticano delle promesse fatte, anche se di mezzo ci sono dei bambini. Questo capolavoro d’arte è solo il simbolo di ciò che, con della buona volontà e la partecipazione degli abitanti, si potrebbe fare per migliorare questa zona di Catania, considerata da molti politici solo un serbatoio di voti, dato che questo quartiere conta 70 mila residenti, presi veramente in considerazione solo in periodo d’elezioni. Non sono bastate le numerose lettere inviate alle autorità e ai media locali, da parte dei cittadini e del vicepresidente del comitato “Librino Attivo”, Francesco Torre, per denunciare lo stato di sporcizia e totale abbandono in cui versa quel monumento alla bellezza. Il verde, si sa, deve essere curato e ha bisogno di manutenzione. «Il Comune aveva promesso di mettere i fari e curare le aiuole, ma non lo ha mai fatto», dichiara amareggiato Antonio Presti. Gli abitanti si chiedono se sia così difficile reperire la piccola somma necessaria per la realizzazione di quanto promesso ai bambini di Librino; o se, ancora una volta, l’impegno e la dedizione prestati non basteranno a fare la differenza e iniziare a cambiare il luogo in cui vivono. Non resta da chiedersi che segnale vogliano dare le istituzioni alle nuove generazioni. È giusto fare delle promesse con la consapevolezza che queste non saranno mai mantenute? Con che coscienza civica ci si aspetta che crescano questi piccoli, se loro, in primis, si renderanno conto di essere stati abbandonati dall’amministrazione comunale?