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Cassazione conferma condanna a tre anni per Massimo Ciancimino

Di Carmela Marino |

PALERMO – E’ diventata definitiva la condanna a 3 anni inflitta a Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, accusato di avere sotterrato nel giardino della sua casa, nel centro della città, 40 candelotti di dinamite. Il reato è di detenzione di esplosivo in concorso con un amico, Giuseppe Avara, che si è disfatto del tritolo. Per entrambi le condanne sono state confermate dalla Cassazione. Un suggello, quello dei giudici romani, che dovrebbe far aprire le porte del carcere per il supertestimone del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Già condannato a 2 anni e 8 mesi con sentenza passata in giudicato nel 2011 per aver riciclato parte del denaro sporco accumulato dal padre, poté godere dell’indulto, evitando così di scontare la pena. Ma la legge prevede che, se nei cinque anni dal verdetto indultato si viene condannati a una pena superiore a due anni, il beneficio è revocato. Toccherà alla Procura di Palermo, nel corso di un incidente di esecuzione davanti al gup che ha condannato per primo Ciancimino per la detenzione dell’esplosivo, chiedere la revoca dell’indulto. Il calcolo del cumulo delle pene, da cui andrà sottratto il periodo di detenzione subito dall’imputato durante la custodia cautelare in carcere, chiarirà l’entità della pena che dovrà scontare.

La vicenda nasce, dopo l’arresto per calunnia del supertestimone che, manomettendo dei documenti del padre, finì in carcere per avere coinvolto l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro nell’inchiesta sulla trattativa. Nel giardino della sua abitazione nel centro di Palermo, sottoterra, vennero trovati candelotti di tritolo. Inizialmente Ciancimino sostenne che gli erano stati consegnati da uno sconosciuto come forma di pressione per indurlo a interrompere la sua collaborazione con i magistrati. Ma le videocamere piazzate a sua insaputa dagli inquirenti, non avendo ripreso alcuna consegna di esplosivo, lo smentirono. Venne fuori che il tritolo l’aveva portato lo stesso Ciancimino da Bologna in auto.

Il testimone si difese a quel punto dicendo che la consegna era avvenuta nel capoluogo emiliano. Dall’indagine è emerso che parte dell’esplosivo Ciancimino lo diede ad Avara perché se ne disfacesse. Questi ha raccontato di averne buttato una parte in un cassonetto della spazzatura. Il tritolo eliminato, però non è stato mai ritrovato, nonostante le ricerche fatte nelle discariche cittadine. Ciancimino è anche imputato a Caltanissetta per calunnia, anche in questo caso a carico di De Gennaro, e a Palermo sempre per calunnia e concorso in associazione mafiosa. La condanna non potrà non avere ripercussioni sul processo trattativa in cui Ciancimino è stato ritenuto teste chiave e che ora deve fare i conti con la sentenza romana.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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