Case popolari in Sicilia, moroso quasi un quarto degli inquilini

Di Danilo De Luca / 08 Gennaio 2015

L’emergenza casa assume sempre più i contorni di una vera sciagura sociale, tra rubinetti della banche chiusi, gestione approssimativa delle residenze popolari, emorragia di denaro che mette in ginocchio la cittadinanza. Il settore finanziamenti è in ripresa, quello edile palesa leggeri ma incoraggianti miglioramenti; e internet facilita le cose, permettendo agli utenti di informarsi su come calcolare la rata del mutuo, ottenere preventivi e richiedere finanziamenti direttamente in modalità online. Ci sono poi situazioni in cui il disagio è totale, in cui interrogativi di carattere etico si scontrano con le logiche dell’economia pubblica e rendono la questione delicatissima. Le case popolari in Sicilia sono lo specchio più cristallino di tale emergenza.  

 

In tutta la regione, sono circa 14 mila gli inquilini morosi che occupano le case popolari in Sicilia, distribuiti in maniera del tutto disomogena fra tutte le province. Famiglie che, chissà se per impossibilità o per maldestra furbizia, non pagano l’affitto delle proprie residenze, arrivando in taluni casi ad accumulare oltre 10 mila euro di debiti. Si tratta delle famigie dello Iacp (Istituto Autonomo Case Popolari), una realtà su cui ora la Regione Sicilia ha deciso di volerci vedere chiaro. Come detto, la distribuzione della morosità segue un andamento disomogeneo.  

 

Palermo e Agrigento sono le realtà che destano maggior preoccupazioni, con percentuali intorno al 40% di morosità. D’altra parte, Trapani svetta per puntualità dei pagamenti: lì, gli inquilini delle case Iacp insolventi sono appena l’8% del totale. La media regionale di morosità si aggira fra il 23 e il 24%. L’Assessorato alle Infrastrutture è pronto a far scattare il piano di rientro, con il duplice scopo di recuperare denaro per le esigue casse della Regione e, allo stesso tempo, offrire un piano di ammortamento ai cittadini in difficoltà.  

 

Le famiglie morose dovranno presentare un’autocertificazione del reddito. I nuclei con un reddito inferiore ai 10 mila euro dovranno procedere al reintegro entro 48 mesi per importi inferiori ai 2.500; in 72 mensilità se l’importo è compreso fra i 2.501 e i 5.000 euro; in 96 se l’importo è compreso fra i 5.001 e i 7.500 euro; in 120 per importi superiori. Le famiglie insolventi che presentano un reddito fino a 30 mila euro, invece, saranno chiamate a versare un accontro fra il 5 e il 10%, per poi procedere all’estinsione del debito residuo. Gli scaglioni restano i medesimi, ma il tempo a disposizione si decurta a 24 mesi per ammanchi inferiori ai 2.500 euro, 48 mesi per cifre fino ai 5.000 euro, 72 mesi fino a 7.500 euro, 96 mesi fino a i 10.000 e 120 mesi per cifre superiori.

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Pubblicato da:
Redazione
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