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Carmen Consoli: «Bello cantare in questo posto “ammucciato”»

Di Carmen Greco |

In effetti è il “luogo” la vera cifra della serata. Carmen, certo, la sua band, ovvio, i solisti del Bellini, pure, i fan, sicuramente. C’è tutto. Ma anche le “pietre” del teatro cantano, in una serata di giugno che il più accorto dei meteorologi non avrebbe potuto prevedere così mite. Il cielo limpido, le rondini che garriscono, i campanili della chiesa di San Francesco all’Immacolata che si tuffano nella cavea del teatro e perfino la luna piena, regalano una fotografia da cartolina che finisce romanticamente nelle memorie degli smartphone.

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All’ingresso non ci sono code, i vigili urbani hanno chiuso il tratto di strade a monte e a valle del teatro e fatto sloggiare l’unico venditore ambulante di gadget taroccati.

La dimensione da luogo “intimo” è chiara a tutti non appena varcata la soglia. Fabio è impiegato in un impresa di pulizia, ha comprato il biglietto due mesi fa, è un fan di Carmen e “quando canta da queste parti” viene sempre a sentirla, «ma qui – ammette – non ero mai entrato, nè avevo mai sentito un concerto». Giuseppe Calì, castellese trapiantato a Milano è un fedelissimo della cantantessa e la segue ovunque. «Sono venuto apposta da Milano. beh, non proprio apposta… diciamo che ho colto l’occasione. Questo posto è stupendo, particolare, raccolto. Sono sicuro che il nostro fiato arriverà a lei, sul palco». La sua accompagnatrice, Maria Grazia Brancato, fa il «mea culpa» per non essere mai entrata nel teatro «nemmeno con la scuola».

«Io ho fatto mille figuracce con amici che venivano da fuori perché l’ho sempre trovato chiuso, è stupendo», dice Simona, con due amiche al concerto, le “furbissime” (il trio si definisce così) Marina e Letizia. Quest’ultima si vergogna pubblicamente «per non aver mai messo piede nel teatro. E’ meraviglioso».

Tra i primi ad arrivare il presidente dell’Amt, Carlo Lungaro. «Ma lei è un fan di Carmen Consoli?». «Io la seguo dagli inizi, è colpa vostra. E’ cominciato tutto quando la conobbi anni fa in una trasmissione televisiva». Il sovrintendente del Teatro Massimo Bellini, Roberto Grossi, guarda verso il palco ed è teso come una corda di violino: «Abbiamo avuto l’ultima autorizzazione alle 16, non ci si crede, comunque… Ci siamo occupati di tutto, dalla copertura in legno del palco ai bagni chimici. E’ un colpo d’occhio, ma quanta fatica…».

Al botteghino si continua sbigliettare per quei pochi, qualche turista compreso, che non avevano già acquistato il tagliando.

Sul teatro cala il buio e la luna si vede ancora di più. I camerini sono stati allestiti dal lato dell’ingresso principale su via Vittorio Emanuele (anche questi opera delle maestranze del Bellini). Il pubblico non rumoreggia più di tanto. E’ come se godesse della meraviglia di un luogo inaspettato e questo lo “distrae” dall’ansia di inizio concerto. Quando le prime note d’«’A Finestra» fanno tremare l’acqua del “laghetto” del teatro sono passate da poco le 21.30. «Da dove abito, qui dietro – ricorda Carmen Consoli – vedevo sempre questo teatro e mi dicevo.“Mi piacerebbe suonare lì un giorno…”, ed è successo». Sì, è successo.

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