PALERMO – Non solo firme copiate ma alcune di quelle inserite negli elenchi ufficiali acquisiti dalla Procura di Palermo sarebbero state clonate. Convocati dai pm che indagano sul “caso M5S”, due testimoni, i cui dati si trovano in quegli elenchi, avrebbero riferito di avere firmato nei banchetti dei 5stelle per il referendum sull’acqua del 2011 e non per il sostegno alle liste delle comunali del 2012. Insomma, i loro dati sarebbero stati «rubati». Un altro capitolo di una indagine spinosa, col Pd che soffia sul fuoco.
Domani davanti ai pm compariranno per gli interrogatori i primi indagati, almeno otto pentastellati, tra cui alcuni parlamentari nazionali e regionali. All’appello di Grillo che ha invitato a sospendersi dal movimento chi riceverà gli avvisi di garanzia oggi ha risposto un altro deputato regionale, Giorgio Ciaccio. E’ il secondo grillino a farlo dopo Claudia La Rocca, la supertestimone che ha collaborato con i magistrati dando un’accelerazione all’indagine e che si è sospesa due giorni fa. Eletti nel 2012 all’Assemblea siciliana, La Rocca e Ciaccio fino a qualche mese fa hanno collaborato in modo stretto, facendo entrambi parte della commissione Bilancio dell’Ars, e animando, fuori dal Palazzo, il meet-up di Palermo. «Un uomo fa quello che deve – nonostante le conseguenze personali, nonostante gli ostacoli e i pericoli e le pressioni – e questo è la base di tutta la moralità umana», ha scritto Ciaccio sul suo profilo Facebook, citando Winston Churchill. Sceglie Fb anche La Rocca per rompere il silenzio: «Io non voglio essere l’eroina, non voglio essere la protagonista, volevo solo mettere la parola fine ad una situazione che stava degenerando, tirando dentro tutto e tutti, e l’ho fatto nell’unico modo che conoscevo, la cosa che mio padre più apprezzava di me… Dicendo la verità».
Il Pd però non molla la presa. Da giorni spara a zero contro Grillo e il direttorio, accusandoli di evitare nel loro tour per il no al referendum proprio la tappa Palermo. «Non è che avranno paura di incontrare i cittadini a cui hanno falsificato le firme? #omerta», twitta il senatore Pd Ernesto Carbone. E il collega Francesco Scalia aggiunge: «I vertici pentastellati, che sapevano e hanno taciuto, non possono più balbettare, è doveroso chiarire e assumersi responsabilità che portano a Roma e Genova». Per il vice capogruppo del Pd alla Camera, Silvia Fregolent, «Di Maio e Di Battista, Grillo e Davide Casaleggio continueranno a sminuire e a girarsi dall’altra parte o proveranno a fare chiarezza sulle nuove allarmanti denunce», mentre la deputata Lorenza Bonaccorsi sostiene che «dalle firme false di Palermo agli scontri nella Giunta di Roma per i casi Muraro e ora Berdini, Beppe Grillo sta tentando di insabbiare le spaccature interne sperando di arrivare al 4 dicembre: un atteggiamento omertoso che sta crollando». Non ci sta Alessandro Di Battista, in tour a Messina per il no al referendum: «Non facciamo sconti a nessuno, valutiamo chi sono gli indagati e chiederemo loro di auto sospendersi. Se è tutto vero, è stato un errore grande e grossolano per delle elezioni dove comunque nessuno del movimento è stato eletto». Gli fa eco la deputata Carla Ruocco (M5s): «La differenza tra il M5s e i partiti è che noi sospendiamo e allontaniamo chi sbaglia mentre gli altri se li tengono e li coccolano». «Li hanno talmente ‘mandati vià che all’appello di Grillo hanno risposto presente solo in due su circa trenta persone coinvolte nella firmopoli di Palermo», ironizza Carmelo Miceli, segretario provinciale del Pd.