ROMA. «Faccio fatica a capire qual è la direzione». Il presidente degli industriali Carlo Bonomi è critico sulle ultime misure varate dal governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria. E dà voce ad un sentimento diffuso tra le categorie produttive colpite dalle restrizioni, dalla ristorazione alla cultura, dallo sport alle fiere. Settori già messi in ginocchio durante il primo lockdown e che ora lanciano l’allarme di fronte al rischio di non riuscire a rialzarsi dopo questo nuovo colpo. Un allarme che non è solo economico, ma anche sociale.
Le nuove misure non convincono. Una settimana fa si diceva che le palestre restavano aperte, oggi le chiudiamo, ma «il tema non è la palestra, il tema è che noi certe cose le dicevamo ad aprile. Adesso dopo sei mesi siamo ancora qua fermi. Ci siamo fatti cogliere impreparati e questa volta lo sapevamo», attacca Bonomi, spiegando che, diversamente da quanto fatto nella prima fase della pandemia, il cittadino si è trovato «disorientato“ vedendo il governo che va da una parte e gli enti locali dall’altra. L’effetto delle nuove restrizioni sarà dunque pesante sul tessuto economico. A partire dal settore della ristorazione, che si prepara a pagare «altri 2,7 miliardi di euro», avverte la Fipe-Confcommercio, che senza «contemporanee e proporzionate compensazioni di natura economica», teme che le nuove misure si traducano nel «colpo di grazia per i pubblici esercizi italiani», già in crisi. Dall’inizio del lockdown il settore del commercio ha perso «24 miliardi di fatturato. E con le attuali nuove limitazioni potrebbero perdersi 470 milioni al mese, con il rischio chiusura per 50 mila imprese», sottolinea il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, chiedendo «indennizzi proporzionati alle perdite subite». «Le misure avranno un impatto grave», dice anche la Confesercenti, spiegando che le limitazioni colpiranno tutto il sistema delle pmi». E’ infatti un grido d’aiuto unanime, quello che si alza dalle fiere (che hanno già perso il 70% del fatturato) agli eventi, dalle piscine allo spettacolo, dagli impianti sciistici ai centri benessere, che chiedono subito misure di ristoro. I danni per il settore dei giochi, infine, rischia di avere ricadute anche per le casse dello Stato: con la chiusura di sale giochi e Bingo si stimano infatti almeno 600 milioni in meno al mese.