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Black out Facebook, Instagram e WhatsApp e si cade nella social-solitudine
Ehilà, c’è qualcuno in ascolto? Diciamo qualcuno di vero, che parli, che dica, che si esprima senza digitare, né in chat, né in post, né per instant messaging? Semplicemente guardandosi negli occhi. C’è? Boh. Forse sì, forse no. Sbandamento c’è, quello sì. Spaesamento collettivo, senso di abbandono. Per tre ore piomba la social-solitudine. “Facebook, Instagram e WhatsApp Down”, non è una notizia, non è un avvertimento. É la catastrofe, è lo smarrimento. Disconnected, disconnessi. Il mondo è tagliato fuori da noi, più che noi dal mondo, in fondo. Chi ci cerca non ci trova. Come farà? E noi stessi, come faremo. Chi riesce (per puro miracolo) a scrivere un messaggino su Facebook, lancia appelli accorati: «Help me, aiutatemi. Qualcosa non va nella mia connessione. Ma è solo un problema mio? Sta succedendo anche a voi? Oddio, rispondetemi, vi prego. Non so cosa e come fare?».
Ma cosa? Ma come? Ma che? Niente, tranquilli, niente. Si tratta solo di posticipare di qualche ora la pubblicazione del primo piano del piatto in tavola della domenica, di cuoricinizzare più tardi la foto dell’amica del cuore, di rinviare, ma nemmeno di molto, l’ennesimo insulto alla squadra di calcio rivale e la pubblicazione della prodezza di Zizù, il gatto che salta dalla finestra ed entra dalla porta e nel frattempo mangia i croccantini e voi avete ripreso tutto e il mondo non può aspettare più, deve vedere Zizù.
Una domenica maledetta. Eh già. Perché uno aspetta tutta la settimana che arrivi la domenica per potersi fare i selfie mentre corricchia in riva al mare e postarle veloci veloci (più rapide della sua stessa corsetta), e ci scoppia tra le mani il down. Maledetto sia ‘sto Mark Zuckerberg, allora, perché che domenica sarà mai questa, se va avanti così, abbandonati a noi stessi, soli, nel silenzio, nell’attesa, grave e pesante, circondati da mogli, mariti, figli, cugini, fratelli, zii, amici, magari nelle stesse case, ma contriti nello stesso silenzio e nello stesso senso di solitudine. Si fermano i social, si fermano i cuori, tacciono anime, quelle serene e quelle inquiete, stop a messaggi di pace e dichiarazioni di guerra. Perché parlare direttamente, occhi negli occhi, non sappiamo più farlo. Tutto nasce e tutto muore nel rito social, fuori da lì non c’è vita. Solo lì l’amore, la parmigiana, il Natale, il calice di rosso, i figli, i cani, i gol, i terremoti, i tuffi, le albe e i tramonti. È così, a che serve dolersene, a cosa implorare di spegnere di tanto in tanto quell’aggeggio che fintamente ci connette e, in realtà, ci allontana? A nulla, non lo faremo mai. Mai più.
Solo vorremmo dedicare queste tre ore di down domenicale agli occhi di tutti quei bimbi portati in carrozzina ai giardinetti da mamme e papà e ignorati, del tutto ormai sistematicamente ignorati, perché impegnati rispettivamente mamma e papà in chat su Facebook e in postamenti improcrastinabili di “fotine” su Instagram. E allora sì, se si potesse, un down di qualche ora a domenica non guasterebbe per ridare senso a quella scena. Una mamma, un papà, un bimbo. Connessi tra loro dall’amore. E il resto in chat, se proprio deve.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA