Catania – Musica e ironia. Ridere di sé e di quanti giovani, tantissimi, si omologano a torto o a ragione all’onda del momento “trap” pensando di essere tanto cool quando in realtà, oggi, ci vuole solo “qiul”. Alla faccia del vero talento. Questo, probabilmente, il fine di Miss BabaQ, l’ultimo fortunato personaggio dell’attrice napoletana Barbara Foria che sarà a Catania dal 14 al 24 febbraio assieme a Peppe Iodice alla Sala Harpago del Gatto Blu. Nella sua ultima “videogenialata”, diventata già virale, l’attroce napoletana ha unito diversi generi musicali dal trap al neo melodico, dal rap napoletano al pop tutti uniti da un comico stile trash in nome dello slogan: taggam ‘o cor. Con Miss BabaQ e il tormentone Taggam o’cor ironizza su trapper, rapper e influencer dell’ultim’ora. Pur scherzando lancia un messaggio forte. O no?
«Lavorando in radio a Rtl e ascoltando da anni tanta musica, ho capito come questo genere trap-rap trash arrivasse molto a giovani e giovanissimi. Testi con contenuti a volte senza senso, fotografia del disagio contemporaneo caratterizzano le canzoni trap. Il loro messaggio è spesso duro e forte e arriva dritto alle nuove generazioni. Nessun giudizio per carità, però non basta mettere in rima baciata o alternata qualche parolaccia, o parlare di droga e sesso per essere “cool”, fighi e bravi musicisti!! Oggi si sentono tutti trapper!! E allora mi sono divertita a esserlo anche io. Una trap-girl napoletana inventando il personaggio di Miss BabaQ, con la Q, per dire che in realtà nella vita per essere veramente cool e avere successo non basta solo il talento, ma ci vuole tanto “qiul”!!».
Barbara Foria poi è a suo agio in teatro, tv e anche in radio. Ma se dovesse scegliere?
«Il teatro. Senza dubbio. È il mezzo immediato con cui ti interfacci con il pubblico. Non c’è filtro e non è come il cinema. In teatro è “buona la prima” mentre al cinema potrebbe esserlo anche dopo 6-7 ciak. Credo poi che la tv sia il mezzo più immediato a dare visibilità, popolarità e per portare poi la gente in teatro. Dunque viva la tv».
E poi c’è anche il cinema. Non si fa proprio mancare nulla.
«È stata una bellissima esperienza perché fatta con miti della comicità come Massimo Boldi, Biagio Izzo ed Enzo Salvi. Al cinema mi piacerebbe interpretare un ruolo drammatico e se qualcuno mi permetterà di farlo forse mi innamorerò del cinema come il cinema si innamorerà di me».
La comicità attuale come sta? Va forse di pari passo con l’umore del Paese?
«La comicità va di pari passo con il tipo di cultura del Paese e non dell’umore del Paese. Secondo me si adegua al tipo di cultura e al tipo di pubblico. Tante volte negli ultimi anni è la comicità che si piega al pubblico. Altre volte era il contrario. Adesso c’è una sorta di omologazione come nei generi musicali».
Napoli è la sua città e sul lavoro, ed è più di una sensazione, si porta il calore e l’energia del Vesuvio.
«So il valore che per voi ha l’Etna ma per me il Vesuvio è il primo vulcano in assoluto anche se so quanto ci tenete a sottolineare che il vostro è più alto. Detto ciò ne sono fiera e seppur vivo a Roma da 17 anni non ho perso e non ho voluto perdere la mia lingua, non dialetto ma lingua, napoletana che è uno dei punti di forza della mia comicità. Sono fiera di portare la bandiera della mia napoletanità, la solarità e il valore della mia terra in giro per l’Italia».
Lei ha un feeling particolare anche con Catania…
«Senza dubbio, è nel mio cuore. Veramente. Ci lavoro da tantissimo tempo e non trovo grandissime differenze con Napoli. Dico che i catanesi sono i miei cugini. Stesso calore, stessa accoglienza e anche la comicità è molto simile anche per la caratterizzazione del dialetto. E poi le tantissime amicizie se penso ad esempio a Gino Astorina, Carlo Kaneba, Salvo La Rosa e tante altre».
Legame fortissimo anche con Sant’Agata?
«Sembra strano. Da napoletana devota a San Gennaro, lo sono più a Sant’Agata. Una volta ho vissuto la festa in prima persona e non l’ho più lasciata. Ho fatto un voto per questa Santa e finché il Signore mi darà la forza, ogni anno spero di poterla venire a trovare».
Come immagina il Sud tra dieci anni?
«Più ricco. Vorrei tanto poi che ragazzi restino al sud, mettendo in pratica il loro talento. In proporzione, sono più le teste del sud che vanno a nord e non il contrario».