ROMA – Se il numero di copie vendute di libri dà la dimensione del successo di uno scrittore, il numero di post e messaggi nella vasta gamma dei cosiddetti social ne dà il senso della popolarità. Di Andrea Camilleri si conoscono entrambi, ma ancora sorprende l’impressionante numero di messaggi postati: 300mila dopo appena un paio d’ore da quando si è diffusa stamani la notizia della sua morte.
Pensieri ed emozioni affidati al web non soltanto da un settore o una categoria particolare, ma rientranti in un sentimento composito e unico, trasversale, che interseca politici, intellettuali e quell’indifferenziata categoria di “gente comune” che tanto stava a cuore allo scrittore, animato da uno spirito di uguaglianza. Un riflesso, se si vuole, dell’artista che ha saputo fondere nella sua opera cultura alta e cultura bassa, in base a una non tramontata sociologia culturale.
L’affetto si è stretto intorno al Maestro: chi non l’ha fatto via etere, lo ha fatto telefonicamente. All’Ospedale Santo Spirito in questo ultimo mese e anche oggi sono giunte testimonianze di affetto da ogni luogo d’Italia, spesso condite di insistenza: «Mi raccomando, diteglielo però, ditegli che ha telefonato Giovanni da Trento (o Antonella da Gela o Goffredo da Viterbo) che gli dice di «tener duro», di «resistere». Una ostinazione frutto non dall’assillo di invasivi fan, ma dal sentire l’autore vicino e simile, somigliante all’affetto di un parente che si fa vivo una, due volte all’anno. E poi quelli ancora più vicini: il merciaio del quartiere Prati, il commesso della salumeria vicino a casa, il tabaccaio all’angolo: quella cerchia geografica rionale di una Roma popolare che non c’è più ma che in questa giornata ritrova un guizzo di sincera benevolenza. Francesco De Filippo delle agenzie internazionali con il rimbalzare di titoli scorrevoli sui monitor televisivi e sui siti. D’altronde, lui stesso, Camilleri, non ha mai saputo darsi una spiegazione del suo strepitoso successo, se non quell’essere “uno come noi”, diverso eppure uguale; onesto, semplice, franco. Una guida.
Se questa è l’onda affettuosa che monta, è assolutamente normale che, come riferito da un operatore amico della famiglia al lavoro in Scandinavia, una signora del posto si sia sciolta in lacrime quando la radio locale ha dato la notizia della morte dello scrittore siciliano. Ha un senso il messaggio della badante moldava che invia dal cellulare un «condoleante per Andrea Camilleri» a un amico dello scrittore. Oppure il fatto che un turista abbia affidato a un foglietto appoggiato a una colonna davanti all’Ospedale qualche verso di quel Thomas S.Eliot che Camilleri aveva (amato e) recitato con la sua voce resa più ferrosa dall’umido della notte nel monologo al Teatro greco di Siracusa un anno fa: «To Carthage then I came / Burning burning burning burning / O lord Thou pluckest me out / O Lord Thous pluckest burning». Concludendo: «VIVA Camilleri».
Quell’appunto sarà volato via al primo soffio di vento, un po’ come capita a tutte le specie viventi. Ti abbiamo tutti voluto bene Maestro.