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Amanda Sandrelli, una Mirandolina femminista dalla grande ironia

Di Giorgia Lodato |

«Per motivi familiari, come si scrive a scuola nelle giustificazioni, sono arrivata per puro caso al cinema, dove ho interpretato Pia con il suo motivetto “Bisogna provare, provare, provare” in “Non ci resta che piangere”. Stavo ancora finendo l’esame di maturità e mai avrei pensato di fare l’attrice. Volevo fare la psicanalista o continuare a studiare e consideravo il cinema una parentesi, che è andata avanti per dieci anni». Il teatro, invece, è arrivato nel ’92 e ha segnato un momento magico nella vita di Amanda Sandrelli – in scena con “La Locandiera” di Goldoni oggi al Teatro Garibaldi di Modica e domani alle 21.15 al Teatro Regina Margherita di Caltanissetta, dove inaugurerà la stagione In AltRo Mare firmata da Aldo Rapè – consapevole di essere una privilegiata per il nome famoso che porta ma consapevole, anche, che i privilegi vanno guadagnati sul campo con la fatica e i sacrifici.

«Ho capito subito che il teatro mi era congeniale, mi piace il contatto con il pubblico, ne ho bisogno e non riesco a farne a meno, tanto da portarmi a scegliere di farne il mio mestiere, nonostante ti tenga appesa a un filo ed è poco in mano tua». Ma giorno dopo giorno, spettacolo dopo spettacolo, il teatro l’ha rassicurata, togliendole quel senso di colpa derivante dal suo privilegio. «Il pubblico ti conferma ogni sera quello che vali e il mio nome può essere solo un attrazione sul cartellone o sul giornale, cosa ben diversa dai rapporti che si instaurano con le persone ad ogni spettacolo». Come quelli ben solidi nati durante il tour de “La Locandiera” diretto da Paolo Valerio e Francesco Niccolini, che ha adattato il testo di Goldoni per la Compagnia Arca Azzurra.

«Se da una parte il testo di Goldoni è molto rispettato da Niccolini, anche perché originariamente scritto in italiano e non in veneziano – spiega Amanda Sandrelli – dall’altra il linguaggio è un po’ spolverato e ci si addentra di più nella psicologia dei personaggi». A cominciare proprio da quello della protagonista, che secondo la Sandrelli ha un po’ sofferto dell’indicazione che ne diede Eleonora Duse al suo tempo impostandola sul brio, brio, brio. Come se il fatto di essere una commedia portasse come conseguenza quella di usare necessariamente i toni della commedia e basta, sminuendo per certi versi il testo di Goldoni, che invece è profondissimo.

«Mirandolina è un personaggio meraviglioso, complesso. Una donna orfana che gestisce una locanda, sola, nel 700. E che tiene testa agli uomini che ha intorno, scegliendo la solitudine per rimanere libera. Anche se – chiarisce la protagonista – la dichiarazione di intenti che fanno all’inizio dello spettacolo il cavaliere – interpretato da Alex Cendron – e Mirandolina è speculare, nel senso che il primo sostiene di odiare le donne e di non essersi mai innamorato, mentre la seconda dice di volersi godere la libertà. E alla fine il cavaliere ci casca come una pera cotta – per citare una battuta dello spettacolo – e Mirandolina mette in atto una ripicca, una specie di scommessa per fargli cambiare idea, rendendosi conto che quest’uomo tocca delle corde che sono proprio quelle dell’amore». Anche se la nostra eroina si dimostra modernissima, riuscendo a mantenere una certa indipendenza e a contare solo sulle sue forze, senza voler dipendere da nessuno.

Una Mirandolina femminista, in cui Sandrelli trova alcuni punti in comune con la propria personalità. «Lei è una donna nata povera, abituata a lavorare e a combattere e quindi con una sorta di materialismo e di cinismo che sicuramente non mi appartengono, essendo nata in una famiglia solida ed essendo quindi più romantica e meno sulla difensiva. Mi somiglia però nella forza femminile, io ho due figli maschi e credo di aver insegnato loro, col mio modo di vivere e di essere, che le donne vanno rispettate e che hanno diritto a essere mogli e madri felici se lo desiderano e soddisfatte della propria individualità, della propria professione, della propria indipendenza».

Ed è una Locandiera molto soddisfatta Amanda Sandrelli, per la prima volta nei panni di Mirandolina e per la seconda in assoluto in scena un classico, dopo l’esperienza del 1999 con Tre sorelle di Cechov. «Ho iniziato col teatro contemporaneo ma era qualche anno che avevo voglia e mi sentivo pronta per mettere in scena un classico. Ed è stata una vera sfida portare La Locandiera a Verona. Un classico è come se non finisse mai – aggiunge – ogni sera scopri una sfumatura diversa ed è straordinario, quasi magico. Per questo i classici non muoiono mai, hanno solo bisogno, ogni tanto, di una spolverata, sempre nel rispetto dell’originale. Anche per coinvolgere i ragazzini, che in questo modo si avvicinano a un testo straordinario con leggerezza. Ed è proprio questo il lavoro che va fatto sui classici, piuttosto che snaturarli e modernizzarli mettendo un costume diverso».

Ci si augura dunque che anche le due date siciliane vedano l’affluenza di giovani e giovanissimi. «La Sicilia, come l’Italia, è una terra meravigliosa – commenta Sandrelli – È come se amplificasse tutti i pregi e tutti i difetti dell’Italia, e questo i siciliani lo sanno molto bene. Sono un popolo magnifico che combatte ogni giorno con una difficoltà micidiale e una mentalità mafiosa che è come un germe malefico in un frutto meraviglioso. Ogni volta che vengo in Sicilia – conclude l’attrice – da una parte mi manca il fiato per la bellezza di questa terra e di chi la abita e a volte mi manca il respiro per la rabbia dovuta ad alcune mancanze e disattenzioni che non le danno l’importanza che merita».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA