La migliore ricetta per dimenticare l’allarme sul pesto genovese lanciata dal tabloid londinese The Guardian? Assaggiare le specialità siciliane. Magari il pesto alla trapanese, “cugino” meno famoso della celeberrima salsa ligure ma non meno gustoso. E bisogna dire che i londinesi arrivati in frotte al Cookery Theatre (perché la cucina è anche spettacolo soprattutto di questi tempi) per la fiera dedicata all’enogastronomia italiana d’eccellenza, non si sono fatti condizionare dalle notizie allarmanti (peraltro il Guardian aveva bacchettato due pesti confezionati ritenuti troppo salati ndr) dimostrando di avere il palato fine quando la qualità è nel piatto.
Lo chef Enzo Oliveri durante lo show cooking a Londra
Ecco, allora, che il pesto alla trapanese è stato il perfetto condimento per le “busiate”, la pasta tipica che lo chef palermitano Enzo Oliveri, da vent’anni gran sacerdote della cucina siciliana a Londra e presidente della delegazione Regno Unito della Federazione Italiana Cuochi, ha preparato “live” in tre serate di cooking show al “Welcome Italia”, la manifestazione organizzata dalla Camera di commercio e industria italiana per il Regno Unito.
Tra le specialità che i londinesi hanno potuto assaggiare, i calamari con lenticchie di Ustica, la Zuppa di ceci neri, cicerchia e lenticchie rosse;
la pasta alla Spirulina (l’alga acquatica coltivata anche in Sicilia) con il pesto trapanese, le tagliatelle ricce con estratto di pomodoro, acciughe rosse e finocchietto; il vitello alle erbe aromatiche e gli immancabili cannoli. Alla cena d’inaugurazione ha partecipato anche il console generale d’Italia a Londra, Massimiliano Mazzanti, uno dei visitatori incuriositi dalle nostre eccellenze agroalimentari proposte dalle aziende siciliane al loro debutto nel Regno Unito.
La reazione dei londinesi? Sono stati in 4000 (secondo la Camera di commercio locale) quelli che hanno affollato la Royal Horticultural Halls, per il tasting menu made in Sicily. In cima alle preferenze, le panelle (il fritto, del resto è nel dna di chi mangia storicamente fish and chips) seguite dalle busiate con il pesto trapanese. «Io nel mio ristorante lo propongo in carta – racconta lo chef Enzo Oliveri – ma, ovviamente, è ancora poco conosciuto dagli inglesi che se lo aspettano verde e con il basilico mentre invece lo trovano rosso, che sa di aglio, con le scaglie di mandorle». Stupore a parte, che il palato degli inglesi negli ultimi anni sia diventato più esigente è un dato che si riscontra quotidianamente nelle cucine degli chef italiani, almeno a Londra.
Il cookery theatre gremito
«Il cibo italiano è sempre di moda – conferma Oliveri – i miei clienti riconoscono la qualità e cercano l’eccellenza, i prodotti Slow Food, le tipicità di nicchia. Ecco perchè ho proposto un ristorante tipicamente siciliano: i londinesi erano pronti per questo passo. Dieci anni fa non sarebbe stato possibile».
Sulle fake news in materia di cibo, soprattutto cibo italiano da parte della stampa inglese (il prosecco che fa male ai denti, prima, il pesto genovese troppo salato poi) che hanno fatto arrabbiare anche il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, Oliveri ha la sua spiegazione: «Accade proprio proprio perché la buona cucina italiana prende sempre più piede e si diffonde sempre di più, così aumentano anche i casi di fake news. Noi ne siamo consapevoli e, per questo motivo, conserviamo le ricette tradizionali e ci sforziamo di essere “custodi” del cibo genuino. L’unico modo per garantire l’agroalimentare italiano è puntare sulla massima qualità, e sulla comunicazione trasparente e al passo con i tempi. Consideriamo che qui nel regno Unito, al massimo sarà diffuso solo il 10% dei prodotti italiani di qualità. Dobbiamo continuare a “comunicare” i nostri prodotti: grazie alle dieta mediterranea ne guadagna la nostra salute e anche il nostro Pil. Diciamocelo chiaramente, il futuro del cibo, secondo me, è tutto Italiano».