Aeroporto di Fontanarossa, è “lotta”
Aeroporto di Fontanarossa, è “lotta” tra passato e futuro sulla via delle vacanze
Lo scalo regge il primo esodo estivo, ma la viabilià è un disastro
CATANIA – Il problema è arrivarci da terra, non dal cielo. Un po’ è giusto, visto che si tratta di un aeroporto, quello di Fontanarossa; un po’ no, dal momento che bisogna pur arrivarci per partire e, comunque, chi ci arriva deve poi proseguire il suo viaggio nello spazio-tempo della Sicilia. Una dimensione spesso problematica in un’isola che lascia prevalere le ragioni della geografia su quelle della storia. E, infatti, il matrimonio tra il “Bellini” e il sistema viario di riferimento è fatta di incomprensioni grandi e piccole. La prima può incontrarla in tangenziale, chi viene da Nord, allo svincolo Porto-AeroportoAsse dei servizi. Il serpentone delle auto in colonna si allunga anche per un centinaio di metri nella corsia di emergenza. Lampeggianti accesi, chi guida accosta e, dopo aver percorso la rampaa passo d’uomo, per immettersi nell’Asse dei servizi alla volta di Fontanarossa, incrocia inevitabilmente le auto dirette verso Siracusa, Lentini o Vaccarizzo. Cosa plausibile decenni fa, quando le macchine in circolazione non erano poi tante, oggi che sono quasi la protesi che garantisce gli spostamenti più ancora delle nostre gambe, per evitare che passato e futuro continuino a fare a pugni, basterebbe una «complanare» che eviti l’incrocio mettendo d’accordo anche sicurezza e fluidità. Non è l’unico intoppo sulla via di Fontanarossa, perché le file di auto possono formarsi anche in corrisponenza delle rotatorie del Villaggio Goretti e, a seconda di stagioni, orari e quant’altro, prima dell’accesso alle aree degli Arrivi o delle Partenze. Finita l’era dei posteggiatori abusivi (semmai stanno a distanza di sicurezza e mostrano volti dimessi), l’inquietudine qui viene dall’attivismo dei vigili urbani, disposti a tollerare una «sosta tecnica» di pochi minuti per accogliere chi arriva o lasciare chi parte, ma se la cosa va per le lunghe, taccuino alla mano, la multa è quasi certa. E non è articolo di collezione. Qualcuno accenna una protesta: «E’ mai possibile che si debba pagare tutto», dice un signore che ha appena lasciato la figlia in partenza per Manchester. Prima non era così, ma i tempi si s che cambiano e la privatizzazione dei servizi riconosce il quarto d’ora di cortesia, ma non conosce l’attuale e quanto mai diffusa solitudine di molte tasche e finisce per dispensare salomonicamete l’immancabile gettone del parcometro. Per la quarantina di tassisti in attesa, il sole diventa impietoso, l’ombra si accorcia sotto le scarpe di viaggiatori e accompagnatori e quelli che sono in fondo alla fila si rifugiano dentro. Esauriti i preliminari siamo pronti per l’ingresso in aeroporto. L’aria condizionata è un sollievo, ma sulle strade delle vacanze è proprio il sole che cercano i turisti. Una veloce lettura al tabellone degli arrivi: Manchester, Londra, Parigi, Dusseldorf, Bruxelles… Cara vecchia Europa, trovi ancora la voglia di volgere la tua attenzione verso questa terra bella e non ancora perduta. I tour operator la vendono sui mercati esteri come se fosse una cartolina, ma rischia di essere macchiata dai selfie postati dai turisti, in cui fascino e spazzatura convivono inspiegabilmente. Il brulichio di donne e uomini di ogni età strappa il cronista alle considerazioni: bisogna scansarsi perché si va di fretta. Sono in movimento anche quelli che aspettano, perché le panchine sono poche e, per un capriccio da chiarire, hanno subito un dirottamento verso il deposito dei bagagli smarriti e, sull’altro versante dell’aerostazione, la zona degli arrivi extra Schengen. In alcuni casi i sedili sono isole ambitissime, anche perché accanto a loro c’è la trave nuda: le sedie sembrano essere cadute senza lasciare traccia, come accade alle foglie in autunno. Nessuno sa da quanto tempo mancano le sedie e nessuno – del resto è un’afosa domenica mattina di luglio – sa quando verranno riparate. In mancanza di meglio, per riposarsi va bene anche la trave, mentre qualche altro – tra i fortunati privi di problemi articolari – preferisce sedere a terra. Unico lampo di desolazione nella zona Arrivi è una stanzetta oggi in disarmo, in cui fino a qualche mese fa si vendevano tessere per la telefonia cellulare e per la televisione. Alzando gli occhi verso il tetto ci sono ancora alcuni «gratta e vinci» appesi: chissà se uno di quei biglietti potrebbe cambiare il destino di uno dei tanti semplici viaggiatori che affollano Fontanarossa? Lo sapremo mai? Del resto le carte non mancano: brochure, depliant, volantini e chi più ne ha più ne metta che pubblicizzano, come se fossero lo stesso prodotto, diritti dei viaggiatori, auto a noleggio, località turistiche o dolci siciliani. La prospettiva muta con la scala mobile: al piano superiore chi parte ha davvero poco tempo. Ai banconi dell’accettazione e all’ingresso dell’area riservata per l’imbarco, il brusio non è più il sottofondo e sale di volume fino a occupare la scena. Accanto a short inguinali e canottierine colorate, qualche look da body guard putiniano: giacca scura, pantalone scuro, camicia scura senza cravatta e blue tooth. Prima ancora di guadagnare al proprio volto i tratti rilassati del turista, alle Partenze sono tutti, ancora, passeggeri. Occhio ai biglietti, ai bagagli, alle lavagne luminose su cui scorrono gli aerei in partenza. Tensione al massimo e saluti a chi resta, prima di abbandonarsi su uno dei sedili, dopo avere superato l’ultimo controllo: la porta delle vacanze.