Una classe di secondo superiore composta da ventiquattro alunni, di cui sette diversamente abili. È questo lo cenario – al limite tra il tragico e il surreale – nel quale dovranno lavorare gli insegnanti di una classe seconda dell’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente di Adrano, in provincia di Catania. È questa, soprattutto, la condizione nella quale dovranno studiare e crescere non solo i ragazzi H ma anche
il resto degli studenti. È questa la condizione nella quale, non solo Adrano, ma chissà quante altre realtà di piccoli e grandi centri siciliani si troveranno a dover operare durante questo ennesimo difficilissimo anno scolastico.
A portare il caso alla ribalta è Luca Cangemi, della direzione nazionale di Rifondazione Comunista, il quale non esita a usare la definizione di «classighetto». Perché qui la questione non è tanto e solo relativa al sostegno, ma riguarda le risorse complessive. «Siamo di fronte ad una situazione intollerabile – scrive Cangemi, che promette di non abbassare i riflettori sulla questione – che preclude in partenza ogni intervento didattico, viola il principio del diritto allo studio delle persone con disabilità, chiaramente ribadito dalla Corte Costituzionale, ripropone la stagione delle classi differenziate». Per garantire una buona didattica e una sana integrazione degli studenti diversamente abili, la classe andrebbe divisa. E questo lo sa bene anche Maria Pia Calanna, preside dell’Istituto Superiore «Radice» di Bronte, scuola che coordina l’Istituto Professionale di Adrano: «Abbiamo comunicato all’Ufficio
Scolastico Provinciale di Catania la situazione, chiedendo la creazione di una seconda classe. Ma ci è stato risposto
negativamente, dal momento che le risorse economiche non sono disponibili. Quindi, tentando di salvaguardare i diritti di tutti gli studenti, agiremo per il meglio, dividendo comunque la classe in due gruppi, grazie al sistema delle classi aperte». Due gruppi misti, s’intende, composti a seconda dei livelli di partenza: un gruppo di potenziamento e uno di consolidamento. La questione, comunque, è decisamente più complessa rispetto a quanto possa sembrare. I ragazzi sono sette, uno di essi rappresenta un caso particolarmente grave, tanto da rientrare nel comma tre dell’art. 3 della legge 104, e le ore di sostegno sono distribuite in base alla gravità dei singoli casi, da quattro ore e mezzo settimanali fino alle diciotto ore.
Chi entra e chi esce, insomma tra insegnanti ordinari e insegnanti di sostegno. Ma nella prassi, spiega la dirigente, le cose potrebbero non andare esattamente così: «Per il momento, posto che l’Usp nega la possibilità di dividere la classe, non resta che attendere l’effettivo avvio delle lezioni. Dei sette ragazzi, due sono già fuori dall’obbligo scolastico, sono iscritti ma probabilmente non frequenteranno. E questo, attenzione, apre un’altra pesante questione riguardante la realtà di Adrano, quella dell’altissimo tasso di dispersione scolastica, che tentiamo di contrastare con progetti e attività mirate. E insieme a questa anche un’altra, di ordine logistico: la classe non poteva comunque essere divisa. Alla scuola mancano i locali adeguati».
Integrazione dei soggetti più deboli, mancanza di risorse, dispersione scolastica ed edilizia. È su questi quattro cardini che ruota questo caso grottescamente reale, che questa volta è accaduto ad Adrano ma domani, se non già oggi si vive anche altrove. Senza soluzione. Le risorse non ci sono, questa è la risposta.