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Accolto ricorso giovane scafista, Cassazione: sì a libertà in prova

Di redazione |

Roma – Via libera dalla Cassazione alla concessione del beneficio della «messa alla prova» – di fatto la sospensione del processo, e niente collocamento in comunità, in cambio dell’impegno a svolgere nel tempo un programma di lavori socialmente utili – in favore degli scafisti minorenni stranieri imputati per pene entro i 4 anni, anche se negano la responsabilità dicendo di averlo fatto per bisogno e non riconoscono l’illegalità delle loro azioni. Così gli ermellini hanno accolto il ricorso di un giovane scafista preso nel 2015.

Secondo i magistrati dell’appello, il giovane scafista non aveva «la consapevolezza dell’antigiuridicità del comportamento tenuto» perchè insisteva «nel negare la sua responsabilità adducendo lo stato di necessità», mentre la messa alla prova “presupponeva proprio l’acquisita contezza della penale responsabilità e la consapevolezza piena dell’antigiuridicità” delle azioni commesse, oltre a una «prognosi di elevatissima probabilità di futuro comportamento corretto e rispettoso della legge». Nel ricorso in Cassazione, la difesa di B.M. – del quale non è indicata la nazionalità e il cui nome corrisponde a quello di un gambiano senza fissa dimora, non si sa se omonimo, fermato a Padova perchè inneggiava all’Isis dopo la strage di Barcellona – ha sostenuto che la concessione della messa alla prova non esige «l’ammissione del fatto da parte dell’imputato», quel che contava è «la serietà della volontà di intraprendere un percorso di risocializzazione». 

B.M., che oggi ha 19 anni – dal momento che la sentenza della Cassazione ne data la nascita nel maggio 1998 – è stato fermato alla fine di agosto del 2015, accusato di tratta di esseri umani dalla Libia alle coste italiane, insieme ad altri trafficanti. In primo grado era stato condannato dal gup di Catania, nel marzo 2016, e poi la pena originaria (la cui entità non è nota) era stata ridotta dalla Corte di Appello sezione minorenni di Catania, nel giugno del 2016, a due anni e quattro mesi di reclusione e un milione di euro di multa. La custodia cautelare era stata sostituita dal collocamento in comunità, ma i giudici catanesi gli avevano negato l’istanza di sospensione del processo e la possibilità di accedere alla messa in prova e avevano detto ‘nò anche alla concessione della sospensione della pena inflitta.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA