Tindari (Messina) – Una Circe siciliana, come la maga dell’Odissea che sottopose Ulisse a un incantesimo. Vicino Tindari esiste una grotta a 100 metri di altezza a picco sul mare che, secondo la leggenda, sarebbe stata abitata da una donna brutta e deforme, una “maiara”, capace di trasformarsi in una bellissima fanciulla. E qui vien da pensare a un’altra favola, quella del “Cunto di li cunti” di Giovambattista Basile cui si è ispirato Matteo Garrone per il suo film.
La donna di Tindari era chiamata Donnavilla. Pare che quando le imbarcazioni navigavano vicino alla riva, una voce armoniosa, quella di Donnavilla, arrivasse fino a loro e come calamita attirasse a sé i naviganti. Donnavilla invitava i malcapitati nella sua stanza per poi farli precipitare in un profondo fosso dove li lasciava morire. In un antro a parte, invece, conservava le loro monete. La grotta di Donnavilla è una cavità naturale. Vi si accede da un piccolo erto sentiero. Il primo antro si sviluppa su due piani, che sono divisi tra loro da una specie di solaio formato da fossili e da ossa di animali, forse cerviadi razza e specie ormai in Sicilia estinta. C’è ancora chi si addentra alla ricerca del favoloso tesoro che la maga avrebbe accumulato depredando i malcapitati navigatori. La leggenda naturalmente conferisce ai siti di grande bellezza paesaggistica anche un aspetto mitico.
Ora, nell’ambito del Progetto Tyndaris Augustea, un viaggio nel tempo, all’intero del Tindari Festival nasce il progetto artistico di Anna Ricciardi per la regia di Rocco Mortelliti. Racconta La Leggenda di Donna Villa, la Maga di Tindari (domani al belvedere piazza Quasimodo; drammaturgia di Anna Ricciardi con la consulenza antropologica di Sergio Bonanzinga). In scena Cinzia Maccagnano, Antonio Silvia, Miriam Palma, Alessandro Scaretti, Rocco Mortelliti e Elio Crifò, le musiche di Salvo Nigro.
Miriam Palma, brava attrice e cantante palermitana. A Palermo ha creato il Centro di Vocalità canto teatro “Il corpo della voce” essendosi dedicata fin da giovanissima alla ricerca vocale, studiando diverse tecniche canore praticate nel mondo: canto armonico, emissione di diplo e triplofonie e altre diverse potenzialità che la voce umana è in grado di esprimere creando un suo linguaggio espressivo originale attento all’improvvisazione, alla scrittura, alla ricerca poetica, narrativa e teatrale. Tenendo conto del potere terapeutico della voce, ha messo in piedi una propria tecnica che unisce integrazione posturale, canto e teatro.
Cosa farà in “Donnavilla”?
«Anna Ricciardi mi ha contattato tramite il musicista Nigro. Lui farà una parte musicale in cui io canterò. Il testo è un canto antico: è come se il sacro femminile fosse stato sostituito dalla Madonna, “Madunnuzza lu tunnaru” quella che protegge i pescatori: l’ho trovato in un Rosario cantato in piazza in un paese e in “La Madonna du munti”, canti di tradizione popolare più profani che religiosi. Mi hanno dato tre canti da interpretare a meno che Mortelliti nelle prove non mi dia delle improvvisazioni. Io ci ho lavorato ma le basi sono quelle. Mortelliti mi stima molto. La Ricciardi dice di essersi ispirata alla leggenda nota nel Messinese. Quindi in questa occasione canterò».
Ha appena preso parte a “Città invisibili” di Italo Calvino a Gibellina (nell’ambito delle Orestiadi). Ora l’attende un viaggio di lavoro in Brasile.
«Da 5 anni mi invitano alla Bienal Internacional de teatro do Ceara fondata sul “mito che si fa teatro e storia”: sarò ospite del festival a Fortaleza dal 28 agosto al 5 settembre».
Qual è il programma ?
«Terrò due seminari e presenterò un lavoro nuovo e mi sto rimettendo a lavorare in maniera autonoma secondo la mia visione su Guerrin meschino (già presentato a Palermo in una produzione del Biondo). Il nuovo testo si chiama “Il viaggio del Meschino”. Ci lavoro da tempo per dargli la giusta modalità».
Continuano i laboratori a Palermo.
«Sì e inoltre sempre a Palermo a novembre terrò una mini rassegna sui miei lavori di questi ultimi anni».