A Monforte San Giorgio, città d’arte del Conte Ruggero

Di Giuseppe Moroso / 27 Gennaio 2017

Ci sono molti paesi inerpicati sui monti Peloritani che per anni hanno vissuto di agricoltura e pastorizia, non tenendo conto che questi piccoli centri posseggono un patrimonio storico, culturale ed artistico e soprattutto vantano tradizioni, che, se ben “illuminate”, possono contribuire a cambiare il volto economico del proprio territorio.
Uno di questi centri è Monforte San Giorgio, che ha 3200 anime registrate all’anagrafe comunale ed è attorniata da due possenti frazioni: Monforte Marina, dove ci sono immensi frutteti con la produzione di eccellenza che è la “sbergia”, e Pellegrino, dove l’arte culinaria lascia spesso seduti a tavola gli avventori dei ristoranti.

“Monsfortius” è raggiungibile dallo svincolo autostradale di Milazzo in poco più di quindici minuti, è stata ribattezzata città d’arte e vanta, un po’ sopra la borgata Pistarina, una piccola area archeologica che risale al XV secolo a.C., che, a quanto sembra, è stata abitata dai Sicani, i quali scavavano le tombe in alcune grotte ancora oggi ben identificabili.
Monforte possiede anche una necropoli nella zona di Bonerba e si fregia di avere un castello costruito dai monaci, che all’epoca servì per resistere alla spedizione Normanna.

Proprio nel 1061 la storia segna un passo importante che ancora oggi viene rievocato. Il Conte Ruggero di Altavilla, dopo aver preso possesso della città di Messina e, a seguire, di Rometta, passò da Monforte e, per ricordare questo evento, ogni anno si celebra la Katabba meglio conosciuta come campanata e tammurinata di Sant’Agata, che proprio in questo periodo è nel vivo delle celebrazioni che sono iniziate il 17 gennaio e finiranno il 5 febbraio.

Uno scorcio di Monforte San Giorgio

Due paesani, che si tramandano da padre in figlio questa usanza, un’ora prima dell’alba ed un’ora dopo il tramonto salgono sulla torre campanaria della chiesa di Sant’Agata e fanno echeggiare nella valle del Niceto il tamburo e la campana. Quanto avvenne nella seconda metà dell’undicesimo secolo è rigorosamente rappresentato per le vie del paese ed è bello andare a scoprire con i propri occhi questa passeggiata, che quest’anno viene rievocata sabato e domenica prossimi.

E’ senza dubbio una ricorrenza che i monfortesi sentono particolarmente, in quanto viene ricordata la liberazione delle terre di Monfortius dal dominio saraceno. E’ questa una delle più antiche rievocazioni storiche di tutta la Sicilia e vede il paese riappropriarsi dell’identità che lo vide fortezza bizantina, roccaforte araba, testimone dell’ingresso del Gran Conte Ruggero il Normanno in Sicilia, e che oggi, attraverso la “Katabba”, si tramanda nella memoria storica dei propri cittadini.

Le sbergie, frutto tipico locale

Quest’anno la preparazione delle celebrazioni della “Katabba” ha assunto un tono particolare e i promotori hanno preparato tutto nei minimi dettagli fregiandosi di una rievocazione che solo pochi in Sicilia riescono a custodire. E lo fanno gelosamente non solo per fare turismo ma anche per ricordare la tenacia di una popolazione che seppe resistere a tutto e nei momenti più critici ebbe la forza di difendersi dagli attacchi e di uscire indenne dal passaggio di alcuni popoli e, anzi, seppe farne un immenso tesoro.

g.moroso@virgilio.it

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Redazione
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