Agrigento – È una partita a scacchi. Forse anche di più, quella che si sta consumando tra il faccendiere-manager pentito (ma non riconosciuto, almeno per ora, tale) Salvatore Manganaro e i pm che lo hanno sbattuto in galera nel contesto dell’operazione “Sorella sanità”. Una partita delicata fatta di ammissioni e marce indietro che hanno tanto insospettito i pm Giovanni Antoci e Giacomo Brandini della Procura di Palermo coordinati da Sergio De Montis. Il giovane e rampante manager canicattinese apre numerosi file. Oltre quelli narrati su “La Sicilia” di ieri, ad esempio, uno riguarda il deputato regionale Carmelo Pullara, leader autonomista ed eletto alle ultime Regionali con una messe di voti.
Afferma Manganaro: «Per quanto attiene a Carmelo Pullara e alla sua vicinanza alla Manutencoop faccio presente che avvicinai Damiani almeno 3 o 4 volte offrendogli velatamente un aiuto per la nomina a direttore generale, in cambio di un aiuto per la Manutencoop per la gara pulizie. Questa vicenda mi è stata riferita dallo stesso Damiani. Carmelo Pullara era al corrente di tulle le fasi della gara poiché sua sorella lavorava alla Cuc ed era una stretta collaboratrice di Damiani. Conosco molto bene Carmelo Pullara poiché mio padre e suo padre erano molto amici. Quando suo padre morì mio padre lo aiutò anche a laurearsi. I rapporti con mio padre si incrinarono e quando capitò l’occasione ne parlò male. Pullara era provveditore all’Asp di Agrigento ed era il periodo delle elezioni regionali in cui vinse Musumeci. In fase di stesura del capitolato, lo so perché facevo da consulente a Damiani, per fare il capitolato mi rivolsi ad un soggetto con i capelli rossi di Agrigento che lavora per Manutencoop. In sede di rilettura preciso chiamasi Antonio Zarcone. Mi rivolsi a lui perché avevo fiducia in lui. In tale occasione lui si presentò con il suo capo area dicendomi che non erano interessati alla gara perché erano finiti in una vicenda che lo vedeva a rischio insieme alla ditta Cascina, che li vedeva a rischio di essere condannati e a non partecipare a nessuna gara. Successivamente lo stesso Antonio Zarcone arrivò a Damiani per il tramite di Pullara. La cosa mi sorprese, ma mi capire che Pullara che non aveva ascendente su Damiani. Stava probabilmente millantando per potere avere dei benefìci anche di natura politica, forse con le assunzioni dì personale da parte di Manutencoop. Successivamente il soggetto di cui sopra (Zarcone Antonio) tornò da me a chiedere aiuto ma io gli dissi che non potevo nulla. Il capitolato venne poi fatto Gianluca Vangheri dell’Asp di Enna».
Sul punto l’ex dg dell’Asp di Trapani, appositamente interrogato dai Pm ribatte così: «Il mio rapporto con Manganaro nasce diversi anni fa ed era un rapporto particolare difficile da capire anche per me. Manganaro mi chiese di risolvere la questione e favorire la Siram e mi voleva convincere che non andava esclusa. lo risposi che sarebbe andata come doveva andare. Avevo chiari i termini delle questioni giurisprudenziali. La questione era demandata Cangemi membro nominato dall’Urega ed è stata condivisa dalla commissione. Pullara e Candela erano amici e mi rivolsi a Pullara perché intercedesse su Candela e lo convincesse a recedere dalle pressioni che mi stava facendo. Pullara mi chiese di favorire la Manutencoop poiché questa società insisteva nel suo bacino elettorale. La sorella di Pullara, inoltre, era della commissione e passava alcune informazioni sull’andamento dei lavori della commissione. Non ho chiesto a Pullara di aiutarmi a ottenere una nomina al posto di dg. Infatti, avevo la certezza di essere nominato all’Asp di Trapani poiché me lo aveva assicurato l’assessore Turano».
Sul punto anche Ivan Turola: «Non ho rapporti di parentela con la famiglia Miccichè. Mi aveva chiesto Manganaro Salvatore se potevo aiutarlo a capire se Damiani Fabio era nella lista dei dirigenti tra cui sarebbero state individuate le nomine per le dirigenze generali delle Asp siciliane; Armao non lo conosco proprio, quando ho fatto riferimento nelle conversazioni riportate nell’ordinanza a Gaetano, mi riferivo a Gaetano Miccichè. Io non ho influito, anche perché non potevo farlo, sulla nomina di Damiani; sono venuto ad incontrare Guglielmo Miccichè per fare un favore a Manganaro. Con quest’ultimo e il padre ci siamo incontrati a un pranzo, e ricordo che siccome fui io ad offrirlo, sia Salvatore che il padre, Aldo. insistevano perché in un’altra occasione sarebbero stati loro ad offrirlo».