Agrigento – Aziende che non pagano, beni che spariscono, certificati mai chiesti, o che “soltanto” non si trovano. Poca trasparenza sul fronte dei controlli antimafia e, praticamente, nessuna “punizione” per chi sbaglia.
E’ un quadro preoccupante quello che emerge sull’Asi di Agrigento a leggere la robusta relazione realizzata dal commissario straordinario dell’Irsap Mariagrazia Brandara, nelle parti che riguardano l’area agrigentina. Un documento che l’ex presidente del Consorzio agrigentino per la Legalità e lo Sviluppo ha fornito all’Assessorato regionale alle Attività produttive e alla Procura di Palermo, nel quale “racconta” le attività svolte ed evidenzia le troppe opacità presenti. Partendo, appunto, dalle normative contro la criminalità organizzata. Scrive Brandara che si è “prontamente proceduto a segnalare alle competenti Autorità , irregolarità e abusi riscontrate in materia di applicazione della legge antimafia, relative a due ditte raggiunte da informativa antimafia. Per una terza ditta gli uffici hanno rilevato che non si è proceduto a dare esecuzione alla dichiarata rescissione del contratto di locazione di tre capannoni industriali per motivazioni connesse alla protocollo di legalità”.
Un atto, il protocollo, risalente al 2010, che quindi necessita un aggiornamento anche in “considerazione che l’ultimo accertamento antimafia – scrive ancora Brandara – risale al dicembre 2011 per tutte le imprese operanti nel comprensorio Asi”. La necessità di uno “screening antimafia per i contratti inferiori alla soglia dei 150mila euro” era stato esplicitato anche alla Prefettura, con riferimento “alle imprese che operano in tutti i settori con particolare attenzione ai settori maggiormente a rischio di infiltrazione mafiosa”.
Non solo. Ma stando a quanto accertato dagli uffici, sarebbero stati “smarriti circa 80 atti in materia di antimafia e del registro di protocollo”, oltre che segnalate “anomalie relative ad un pubblico incanto” e la “scomparsa di un notebook”. C’è poi un’enorme parentesi dedicata al recupero dei crediti. Se i capannoni stanno, in alcuni casi per la prima volta, pagando i canoni di depurazione, Brandara rileva come “lo stato di morosità degli insediati è purtroppo cresciuto esponenzialmente e ciò non sempre a causa dell’avanzare della crisi economica”. Per questo si è firmata una convenzione con la Guardia di Finanza per “stanare” gli imprenditori morosi. Ad oggi si è accertato che non meno di un milione di euro di canoni arretrati siano già andati in prescrizione e centinaia di migliaia di euro si stanno provando a recuperare per via legale.