Lo ripete più volte: «Non ne so niente». Il che, detto da una donna limpida e passionale, potrebbe bastare come smentita. Autentica, seppur unilaterale.
Ma Giusi Nicolini, semmai fossero veri i ciclonici spifferi sulla sua candidatura a presidente della Regione, perché dovrebbe confermarli? Eppure la sindaca di Lampedusa – oggi più che mai in cima al pantheonsiculo di Renzi, che la teletrasporta dalla cena con Obama alla merenda del “Sì” in piazza del Popolo – ci dà la misura della sua sincerità con una pausa d’incertezza. Dopo una domanda: e se glielo chiedessero, di correre per Palazzo d’Orléans? Cinque-sei secondi di silenzio. Poi irrompe la sua voce roca: «Ma nessuno me l’ha chiesto!». A questo punto la lunga intervista è quasi finita.
Perché l’Europa e gran parte dell’Italia non vogliono accogliere i migranti?
«È un dovere farlo. Non c’è alternativa, perché la disumanità non appartiene al nostro codice genetico. Se non c’è l’umanità, si abbia almeno responsabilità. Calais, Ventimiglia cosa sono, se non simboli dell’irresponsabilità? L’Ue è sorda, il presidente Renzi si sta facendo sentire con molta determinazione. Ma a lungo l’Italia è stata per Lampedusa ciò che oggi l’Europa è per l’Italia».
Pure da noi si alzano i muri. Come a Goro.
«Se vogliamo spiegare, e non giustificare, la reazionedi Goro partiamo dalle loro parole: “Noi abbiamo paura”, dicono. Ma di che? Di accogliere 12 donne e 8 bambini?».
Lampedusa l’anti-Goro “ante litteram”?
«Quando qui è iniziata la storia, negli anni 90 non c’era neppure un centro d’accoglienza. E i lampedusani si sostituirono allo Stato. Il primo centro, poi definito “lager”, arrivò nel 1998. Nel 2011 la finta emergenza creata a tavolino da Maroni. Venne Berlusconi a fare l’evacuazione. I lampedusani sfamarono e accolsero 7mila persone»
Anche lei ha “educato” all’accoglienza.
«Ho tentato di ricucire la fiducia verso lo Stato in un’Isola per tanti anni abbandonata. Ho chiesto e ottenuto l’istituzionalizzazione della partita. E sono riuscita a far capire che, oltre a essere disumano, non accogliere è anti-economico. Come fai a vivere di turismo se dimostri degrado umano nell’accoglienza?».
Il turismo, a Lampedusa, è rinato. Come?
«Il racconto di Lampedusa era legato allo sbarco, nei tempi di un tg: si percepiva un’isola invasa. Poi Mare Nostrum e le altre operazioni: in tv, ora, si dice che arrivano anche altrove, al Sud e in Sicilia. Si parla di soccorsi, non di sbarchi. Le parole pesano».
E anche i numeri. I sindaci di Pozzallo e di Augusta, che accolgono molte più persone, criticano le attenzioni per Lampedusa.
«Se Renzi porta la Nicolini da Obama, noi su Marte».
Hanno torto?
«Sono molto dispiaciuta. Li inviterò qui, o li andrò a trovare. Non capiscono che 500 persone a Pozzallo o ad Augusta non possono mai avere l’impatto che hanno su un’isola di 20 chilometri quadrati, con risorse idriche limitate e nella gestione dei rifiuti. Non hanno idea di ciò che ha fatto Lampedusa per vent’anni, pagando dei prezzi».
Insomma: c’è rimasta male.
«È un comportamento che non ti aspetti da un sindaco. Mi sarei aspettato che dicessero “ora capisco cosa hanno passato i lampedusani”. Mi sarei aspettata scambi di opinioni, confronti. Dovrebbero fare rete, così come ad esempio stiamo facendo con i sindaci di Parigi, di Lesbo e di Palermo»
Magari è un po’ di invidia per la sindaca di una Lampedusa da Nobel…
«Questo fa parte delle umane cose. Ma quando si hanno responsabilità di governo bisogna essere su un altro livello».
A proposito di altri livelli: cosa le resterà della sua visita alla Casa Bianca?
«L’essere stata testimone di un giorno importante per il Paese e l’orgoglio per la grande accoglienza riservata all’Italia: mi ha fatto sentire speciale. E poi entrare lì, conoscere Obama e Michelle, che è una donna dal grande futuro davanti. Ha un’energia e una carica di valori che mi sembrano persino più grandi di quelle del marito».
Era fra le eccellenze d’Italia…
«È stato bellissimo condividere l’esperienza con tutta la delegazione, ma con Bebe (Vio, la campionessa paralimpica, ndr) in particolare. È una cura: energia, allegria, voglia di vivere. Ho invitato tutti a Lampedusa, per fare una rimpatriata…».
Poco dopo Renzi l’ha fatta salire, fra le poche icone del Pd, sul palco del “Sì”.
«Sono salita su quel palco come tutte le altre persone con un’esperienza da raccontare. È noto il mio rapporto con il Pd. E conoscete anche la mia storia: non sono proprio una donna di partito… Eppure sento la nostalgia e il bisogno di un grande partito che rappresenti le forze sane e progressiste».
E il Pd di Renzi oggi è tutto ciò?
(risata rauca) «Non lo so… Ma quella era una bella piazza. Che ha sogni, valori, con persone di tutte le età e di tutte le professioni. Mi ha fatto bene, stare in quella piazza».
Va da sé che al referendum voterà “Sì”.
«Per due ragioni. Il fastidio per la guerra di religione al bicameralismo perfetto, che da trent’anni non voleva nessuno. E poi perché anche chi ha votato la riforma ora è contro. Lo scontro non è su come farla meglio. Ma su altri terreni. Si strumentalizzano cose delicate per fini impronunciabili».
Nicolini che accoglie Renzi, poi va con lui da Obama, infine comizia a piazza del Popolo. Uniamo i puntini: la vogliono candidare a presidente della Regione?
«Non ne so nulla» (risata nervosa).
Ma se glielo chiedessero?
«Se me lo chiedessero? … (pausa di riflessione) Ma nessuno me l’ha chiesto! Non ci sto pensando, sono molto concentrata su Lampedusa. Sto lavorando per un’isola che ha bisogno di tante cose».
Ma potrebbe arrivare una telefonata…
«Non funziona così! Mi rifiuto di ragionare così. Se questo è il modo di fare politica, allora io non sono adatta. Il futuro non si può affidare nelle mani di una persona, di un nome. Lasciamo perdere, va’ …».
Crocetta stava all’antimafia come Nicolini sta all’accoglienza dei migranti. Si vuole candidare un altro simbolo, nel vuoto della classe dirigente del Pd siciliano…
«No comment (risata amara)… Parliamo di quant’è bella Lampedusa?».
L’abbiamo già fatto.
«Ah, vero!».
Twitter: @MarioBarresi