Morte del piccolo Aron: assolto il pediatra Antonino Cutaia

Di Gaetano Ravanà / 15 Settembre 2020

Con la formula “perché il fatto non sussiste”, nonostante il reato fosse già prescritto, i giudici della Corte di Appello di Palermo di Palermo, hanno assolto il pediatra Antonino Cutaia difeso dall’avv. Barbara Garascia (foto) e la dott.ssa Maria Concetta Rotolo difesa dall’avv. Silvio Miceli, finiti a processo con l’accusa di omicidio colposo per la morte del piccolo Salvatore Aron, figlio di una coppia di Licata. 
Ribaltata la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Agrigento, Rosanna Croce, un anno e due mesi di reclusione era la condanna inflitta a Cutaia per non aver provveduto a controllare la culletta termica e 8 mesi alla collega Rotolo per non aver diagnosticato la patologia cardiaca di cui soffriva il bambino.
L’avv. Barbara Garascia, ha sostenuto e dimostrato che la batteria in dotazione alla culletta era carica, ma il problema era legato al mal funzionamento della presa interna dell’ambulanza la cui competenza non era dei medici.
La tragedia, avvenuta il 17 giugno del 2011, sarebbe stata provocata, oltre che dalla mancata diagnosi durante la gravidanza, dal malfunzionamento di una culletta termica che doveva trasportare il neonato in una struttura più attrezzata. Il piccolo, figlio di una giovane coppia di Licata, nasce in condizioni di sofferenza cardiaca ed è necessario il trasferimento all’ospedale di Taormina attrezzato per l’intervento chirurgico. “La patologia – ha sottolineato il giudice nella sentenza – se diagnosticata tempestivamente avrebbe consentito di sottoporre il neonato a immediate cure mediche che ne avrebbero evitato il decesso”. Una corretta diagnosi, inoltre, avrebbe permesso – secondo quanto sostenuto dal giudice di primo grado – di programmare il parto cesareo in un ospedale munito di reparto di cardiologia pediatrica. Invece fu necessario il trasporto in un’altra struttura ospedaliera. Cutaia e Moscato, entrambi di reperibilità, vennero chiamati dall’ospedale per gestire il trasporto verso Taormina. Dopo poche decine di chilometri il drammatico inconveniente: la presa che collegava la culletta elettrica, necessaria per mantenere in vita il neonato, non funzionava e la batteria stava per scaricarsi. Cutaia e Moscato, secondo quanto ipotizzava l’accusa, avrebbero dovuto controllare prima della partenza. Il viaggio procede. Sosta tecnica all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta per cambiare ambulanza ma non si trova un mezzo per proseguire.
La durata media della batteria era di sei ore e non fu sufficiente. Dopo due ore, attorno all’una di notte, il trasporto in elisoccorso alla volta di Catania e da lì in ambulanza verso Taormina. Il risultato fu che si persero sette ore. Troppo per intervenire chirurgicamente e il piccolo morì dopo tre giorni. In appello è stata disposta una perizia collegiale che ha escluso un nesso fra la condotta dei medici e la morte del neonato.

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Redazione
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