Agrigento – Due persone in carcere, cinque ai domiciliari ed obbligo di dimora per dieci. E’ il bilancio dell’operazione contro la corruzione denominata «Giano Bifronte” della Guardia di finanza di Agrigento e coordinata dal sostituto procuratore Andrea Maggioni. Venti gli episodi che sono stati scoperti. «Il sistema corruttivo si nascondeva dietro le consulenze. Per accedere legittimamente ai prestiti erogati dall’Irfis occorre rivolgersi ad un link, ad una modulistica. E’ stata scoperta però – ha spiegato il procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio – una società di consulenza che, dietro il pagamento di una parcella per la consulenza appunto, metteva dei documenti falsi, faceva superare l’ordine cronologico e faceva erogare prestiti a chi non ne aveva diritto. Ed è un sistema, questo, che penalizza le imprese che non ricorrono alla corruzione e che toglie risorse per le imprese sane».
L’operazione per questo è stata denominata «Giano Bifronte». Per investigatori ed inquirenti «Giano Bifronte» era Paolo Minafò che lavorava all’Irfis, ma che era socio occulto – secondo l’accusa – della Intersistem srl che svolgeva l’attività di consulenza illegittima. «Gli imprenditori che vogliono accedere ai prestiti agevolati dell’Irfis, che potrebbero farlo rivolgendosi ad uno sportello, preferiscono invece – ha spiegato il procuratore Patronaggio – stipulare un contratto di consulenza con la Intersistem srl perché sanno che all’interno della Intersistem opera Antonio Vetro, ma opera soprattutto il Minafò che è, nello stesso tempo, funzionario dell’Irfis e socio occulto della Intersistem. Quindi Minafò è una persona che ha due aspetti chiaramente incompatibili fra loro, ecco perché l’operazione è stata chiamata Giano Bifronte. La Intersistem si pone dunque come soggetto di snodo per tutti quegli imprenditori che vogliono avere la strada più comoda, più facile per arrivare ai finanziamenti Irfis». La sede dell’Irfis è a Palermo, ma le condotte per le quali ha proceduto la Procura di Agrigento sarebbero 12. Gli incartamenti di altri 7 presunti casi sono stati inviati alla Procura di Palermo e per un altro alla Procura di Caltanissetta. Gli indagati sono complessivamente 28.
Tra gli arrestati dell’operazione ci sono agrigentini residenti a Favara, a Canicattì, Aragona, Campobello di Licata, Ravanusa e a Licata, ma ci sono anche indagati residenti a Palermo, a Lercara Friddi, Carini, Ficarazzi ed indagati residenti a Castelvetrano, nel Trapanese, e a Mussomeli, nel Nisseno. A firmare l’ordinanza di applicazione delle misure cautelari è stato il Gip di Agrigento, Francesco Provenzano, su richiesta del sostituto procuratore Andrea Maggioni.
La misura della custodia cautelare in carcere è stata applicata a: Paolo Minafò, palermitano, 51 anni, e Antonio Vetro, 48 anni, di Favara. Agli arresti domiciliari sono stati, invece, posti: Angelo Incorvaia, 54 anni, domiciliato a Canicattì; Valerio Peritore, 50 anni, residente a Licata; Patrizia Michela Cristofalo, 42 anni, di Palermo; Nicola Galizzi, 50 anni, di Palermoed Ettore Calamaio, 55 anni, di Lercara Friddi. Misura dell’obbligo di dimora a Canicattì per Luigi Di Natale, 67 anni; Vincenzo Scalise, 41 anni; Pietro Carusotto, 61 anni;Angelo Sanfilippo, 61 anni; Calogero Curto Pelle di 61 anni.Misura dell’obbligo di dimora ad Aragona perGerlando Raimondo Lorenzano, 55 anni. Misura dell’obbligo di dimora a Licata per Giovambattista Bruna, 68 anni, di Licata. Misura dell’obbligo di dimora a Favara perAntonio Milioti di 41 anni e misura dell’obbligo di dimora a Campobello di Licata per Sebastiano Caizza di 39 anni. Misura dell’obbligo di dimora a Ravanusa per Calogero Messana di 43 anni.