l'inchiesta
Lampedusa, le “carrette” del mare dei migranti smaltite in un’area abusivamente
La Procura di Agrigento ha sequestrato l'area. Indagati in quattro: un uomo di Belpasso, uno di Paternò e due residente nelle Pelagie
La Guardia di finanza di Agrigento, su disposizione della Procura, ha sequestrato un’area di circa 1.500 metri quadrati adibita allo stoccaggio delle imbarcazioni utilizzate dai migranti per raggiungere Lampedusa.
Il provvedimento è stato emesso dal gip di Agrigento, Francesco Provenzano, su richiesta del procuratore capo facente funzioni Salvatore Vella. Il terreno è in uso alla Cubo Costruzioni, società cooperativa che risulterebbe sprovvista di autorizzazioni ambientali per quell'area. Alla Cubo è stato affidato, con contratto di appalto, dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli il servizio di "messa a secco, trasporto e deposito" delle imbarcazioni dei migranti.
Si indaga per i reati di raccolta e smaltimento di rifiuti in assenza delle prescritte autorizzazioni e di illecita miscelazione di rifiuti. Il procedimento è a carico di T. A. di Belpasso (legale rappresentante della società), M. C. di Paternò (responsabile del cantiere), e di altre due persone originarie di Lampedusa, T. G. e C. S., ritenute anch’esse coinvolte nell’attività di smaltimento illecito delle carrette del mare.
Durante un sopralluogo effettuato dai militari e dai tecnici dell’Arpa sarebbe stata riscontrata una "situazione pessima". In particolare è stata trovata, spiega il procuratore facente funzioni di Agrigento, Salvatore Vella, «una notevole quantità di rifiuti pericolosi e non, provenienti dallo smantellamento delle imbarcazioni, depositati in modo illecito direttamente sul suolo (privo di idonea pavimentazione e di ogni altro presidio di sicurezza utile a garantire la tutela dell’ambiente circostante), compresi batterie e fusti di carburante, oltre a un enorme cumulo di materiale triturato, composto indistintamente da frammenti legnosi, contaminati con residui di carburanti e di liquidi oleosi».
Si sarebbe accertato, inoltre, che tutte le operazioni di gestione delle imbarcazioni (messa in sicurezza, trattamento, demolizione, riduzione volumetrica e stoccaggio) avvenivano nella stessa area, «senza alcuna separazione settoriale, come invece prevede la normativa ambientale». Il provvedimento di sequestro è stato richiesto per evitare che «la libera disponibilità dell’area potesse compromettere ulteriormente la situazione ambientale dell’isola, con ulteriore conferimento e illecito trattamento di rifiuti da parte degli indagati».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA