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Lampedusa, la fame dei migranti e la generosità degli isolani

Nell'isola arriva la nipote di Marine Le Pen

Di Redazione |

Scalzi o con le calze logore fanno il giro delle case, a Lampedusa, chiedendo a gesti un pò di cibo. Sono per lo più ragazzi, alcuni minorenni, e lo stesso fanno nei bar del centro, incollando lo sguardo ai banconi della rosticceria nella speranza che un avventore compassionevole si decida a comprare qualcosa per loro. A placare i morsi della fame ci pensa la generosità degli isolani, a cominciare dalla famiglia del vigile del fuoco Antonello Di Malta, con mamma Teresa, 84 anni, ai fornelli per preparare la pastasciutta per due gruppi di adolescenti che ieri sera e oggi a pranzo hanno popolato la sua mensa. E’ bastato poco al pompiere di Lampedusa per cambiare i suoi programmi: «”Dovevo andare a cena con amici, ma davanti al portone ho trovato alcuni giovani del Burkina Faso che chiedevano da mangiare. Uno di loro si è messo anche in ginocchio».

La folla di extracomunitari che fino a ieri pareggiava il numero dei residenti – seimila, forse più – ha messo in marcia Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen e vicepresidente del partito di estrema destra Reconquête!, che stasera sarà a Lampedusa per «rendersi conto della situazione e inviare un messaggio di sostegno all’Italia sommersa dai migranti e abbandonata dall’Unione europea». Decisone che non lascia indifferente Matteo Salvini – oggi a Caltanissetta per la prima festa della Lega in Sicilia – il quale annuncia lo studio di un nuovo decreto sicurezza da parte del governo e sottolinea la “clamorosa assenza dell’Europa, lontana, distratta, ignorante e sorda. Dovremo muoverci per conto nostro e difendere le frontiere perché Lampedusa e la Sicilia non possono accogliere mezzo continente africano».

Le parole della politica non trovano spazio tra i tavoli della friggitoria di Marianna Esposito, pronta a offrire arancine a un gruppo di migranti che aveva scorto fuori dal locale: frugavano tra i residui di cibo abbandonati sui tavoli dei clienti che avevano appena pagato il conto. «Avevano solo fame», ha aggiunto Esposito, e necessità di andare in bagno, come racconta l’oste Giuseppe Brancaleone: «Abbiamo cercato di aiutare qualcuno, ma non è possibile aiutare tutti». Gli isolani fanno del loro meglio, i volontari della parroccchia distribuiscono vettovaglie davanti alla chiesa, la gente di passaggio compra da mangiare a frotte di ragazzi che poi si siedono sui marciapiedi di via Roma a divorare pizzette e calzoni, già di prima mattina.

All’ora di pranzo nell’hotspot di contrada Imbriacola c’erano 5.500 persone. La Croce rossa distribuisce i pasti tre volte al giorno, nella calca di un luogo che contiene almeno otto volte il numero di persone che potrebbe ospitare. E’ la stessa Cri a dare la misura della situazione: «Stiamo facendo l’impossibile e anche oltre l’impossibile. Ora la situazione è più sotto controllo, gli ospiti del centro, essendoci stati trasferimenti, sono in diminuzione», dice il presidente della Croce rossa, Rosario Valastro.

Da due giorni davanti al municipio dell’isola c’è un sit-in organizzato dal movimento «Pelagie Mediterranee», che chiede il ritorno alla normalità: «Da 30 anni subiamo una violenza continua – dice Giacomo Sferlazza che guida i manifestanti -. Ciclicamente siamo in emergenza. Basta, non vogliamo essere complici di questa tratta di persone». E oggi, per decisione del sindaco Filippo Mannino, sugli edifici pubblici dell’isola sono state esposte le bandiere a mezz’asta. E’ il giorno del lutto cittadino dopo che una neonata di 5 mesi ieri è morta annegata, sfuggita dalle braccia della mamma diciassettenne durante le operazioni di salvataggio.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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