La solitudine, come condizione dell’essere, è stata sempre presente nella produzione artistica di Olinda Lo Presti, al punto da poter essere considerata tema costante se non dominante.
Non a caso i ritratti “di sé”, tranne rare e ironiche eccezioni (Maja rivestita), sono fortemente intrisi di solitudine da abbandono, nella quale Olinda, pur ponendo al centro dell’attenzione un’apparente vanità dell’Io, in realtà dichiara intellegibilmente la sua solitaria presenza, talvolta doppiata in un problematico dialogo con il tempo, nemico impietoso della vanità poiché da esso viene sistematicamente e inesorabilmente distrutta (L’Abbraccio – Nel tempo).
E’ forse, per tale ragione, che il confino imposto dal recente Lockdown e la conseguenziale solitudine, non ha colto Olinda impreparata a lavorare nel silenzio dei luoghi e in quello più complesso e profondo dell’anima.
Non a caso queste sue ultime opere, prevalentemente costituite da acquerelli, prodotte fra Marzo e Aprile 2020, sono come lei scrive “…una lunga attesa della musica che mi salverà…” e come minime ma complete composizioni, una dopo l’altra, sono emerse dalle sue mani abili nell’accarezzare l’infinita area del “profondo di sé” al pari delle note dei “Notturni” di Chopin, particolarmente amati da Olinda.
Ancora una volta, come già nelle opere del 2019 delle mostre romane (Alterazioni – Visioni d’arte – Convergenze parallele), sono le composizioni e i ritmi a catturare la sua recente produzione più ricca di forme e toni leggeri, trasparenti, dinamici, densi di morbida luce che diluisce i toni caldi della sua tavolozza tradizionale, con prevalenza di tecnica ad acquerello, ma anche di tecniche miste e qualche tela ad olio.
Chi conosce il cammino artistico di Olinda sa che all’interno delle sue fasi intense di produzione in lei c’è “incostanza” produttiva, o meglio, la capacità eclettica, sostenuta da un consumato mestiere, che la porta, nel pieno di una travagliata produzione artistica, a cambiare repentinamente registro interpretativo ed espressivo. Ed anche in queste ultime opere, il costante richiamo all’espressionismo astratto con accenni alla rilettura di venature floreali, è intervallato da iati neorealistici che hanno prodotto tre solitarie figure di donne.
Ma tali figure non sono autoritratti di Olinda, ma donne altre “estranee a sé” che denunciano aspetti diversi di solitudine a partire da quella rappresentata in “Confino 1” dove la privazione della libertà, è denunciata nello sconforto di un pianto sincopato e nell’impossibilità a proferir parola. E quindi in una condizione di confino ingabbiato che nulla però ci dice sulle origini e le cause della coercizione e cioè se questa sia dovuta alla specifica contingenza dei fatti (Covid-19) o ad altri precedenti e inenarrabili confinamenti.
Entro tale prospettiva risulta, pertanto, difficile la risposta al richiamo civile di Olinda che attingendo alla sua pennellata neorealista, sembra porre l’attenzione su un confino della donna che va oltre la contingenza del Lockdwon da Covid 19, non a caso la parola è silente e la struggente lacrima suggerisce oltraggiosi riguardi, se non rimandi a violenze, subite dietro sbarre non ascrivibili ad un solo accadimento.
E tutto ciò è sottolineato dalla donna di “Confino 2” che da un confino non coatto con gli occhi cerca – trovandola – la prospettiva per una diversa e nuova condizione, non banalmente affidata al vacuo slogan “tutto andrà bene”, ma alla solidarietà della condizione universale della donna che, ancora oggi, al di là del prezzo pagato nella contingenza epidemica, continua a pagare in buona parte del mondo il prezzo del confino e della solitudine, forieri di violenza fisica e psicologica.
Olinda Lo Presti, pittrice, fotografa e scultrice, è nata a Palermo dove si è diplomata all’Accademia di Belle Arti. Ha realizzato mostre personali di pittura e di fotografia e ha partecipato a mostre collettive in Italia, Spagna e Stati Uniti d’America.
La sua ricerca pittorica, originariamente orientata all’espressionismo astratto, si è nel tempo rivolta all’espressionismo neorealista attraverso la costante rappresentazione, in tutto il suo percorso fotografico e pittorico, dell’ “Io” donna attraverso intensi autoritratti.
Più recentemente è impegnata nel ridefinire forme e segni con caratteri cromatici e suggestive visioni di pluridimensionale mediterraneità segnate da cromature pastose e calde.