La Gaipa accusato da una “fonte” confidenziale

Di Gioacchino Schicchi / 15 Novembre 2017

Arresto La Gaipa, a monte di tutto c’è una “fonte confidenziale” che si rivolse agli uomini della Squadra Mobile di Agrigento, al quale spettò il compito di accertare quanto raccontato: l’esistenza di un presunto “sistema” collaudato per costringere i lavoratori dell’ Hotel “Costazzurra” a rinunciare a parte dei propri compensi per poter continuare a lavorare “calpestando i diritti dei lavoratori”.

Tutto è contenuto nell’ordinanza di richiesta per l’applicazione delle misure cautelari firmata dal procuratore Luigi Patronaggio e dal sostituto Carlo Cinque la quale, oltre ad articolare quelli che sono gli elementi d’indagine che hanno portato all’arresto di Fabrizio La Gaipa (oggi ai domiciliari) e al divieto di dimora per il fratello Salvatore, esprime pesantissime considerazioni in merito alla prassi contestata agli imprenditori agrigentini.

Agrigento, terra di opportunità per imprenditori senza scrupoli. “La grave crisi economica ed occupazionale che attanaglia l’intero Paese ed in particolar modo le zone del meridione, nonché la sperequazione tra domanda ed offerta di lavoro in favore di quest’ultima – si legge nell’introduzione del documento – costituisce terreno fertile per condotte delinquenziali poste in essere dai datori di lavoro nei confronti dei lavoratori con grave approfittamento delle condizioni di bisogno in cui versano questi ultimi. L’assoluto bisogno di lavoro, specie in un territorio quale è la Provincia di Agrigento con bassissima industrializzazione – continua l’ordinanza -, determina una elevata offerta con conseguente facilità per gli imprenditori di trovare maestranze a basso costo ovvero disposte a rinunciare anche a diritti costituzionalmente garantiti quali retribuzione, ferie, indennità di malattia pur di avere un salario minimo per poter assicurare il sostentamento del lavoratore. Un simile contesto socio-economico costituisce l’humus in cui datori di lavoro spregiudicati e senza scrupoli costringono i lavoratori a rinunciare ai propri diritti pena il licenziamento”.

Le verifiche e i riscontri. Acquisite le informazioni dalla “fonte confidenziale” gli agenti ascoltano tre ex dipendenti, tra i quali, come noto, l’attivista 5 Stelle Ivan Italia e G.M.. I due racconteranno le medesime modalità di riduzione dello stipendio e, soprattutto, il nesso – più o meno diretto – tra il loro licenziamento dalla struttura gestita dai La Gaipa e il rifiuto di accettare lo “sconto” sulle retribuzioni. A fornire quella che oggi è una sorta di “prova regina” è proprio Italia che, come noto, ha registrato le conversazioni avvenute il 13 e il 19 gennaio fornendole agli inquirenti. Non intercettazioni, precisano i magistrati, ma una “forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova” se presente. I testimoni, va ricordato,sono stati ascoltati anche dall’Ispettorato del Lavoro, che il 14 settembre era giunto ad “omologhi risultati” rispetto a quelli della Procura.

I comportamenti “spregiudicati” e l’accusa di un sistema consolidato e reiterabile . I lavoratori ascoltati, come dicevamo, saranno 3. Uno di loro, C.P, ritenuta persona “soggettivamente credibile” perché non ha “mostrato alcun risentimento” nei confronti dei La Gaipa, pur riconducendo “a ragioni personali la cessazione del rapporto di lavoro” spiegava agli agenti di “aver accettato condizioni di lavoro inique rispetto a quanto contrattualmente stabilito pur di lavorare”. Proprio in virtù, tra le altre cose, del rischio di reiterazione del reato la Procura ha chiesto di procedere agli arresti domiciliari per La Gaipa. Si legge, infatti, che “la personalità degli indagati, soggetti capaci di approfittare dello stato di bisogno di lavoratori disposti a rinunciare a diritti costituzionalmente garantiti pur di percepire un minimo di retribuzione garanzia di sostentamento, induce a ritenere sussistente una prognosi sfavorevole in relazione alla commissione di reati della stessa indole di quello per cui si procede ai danni di altri lavoratori”. I La Gaipa, dicono i magistrati, “se non sottoposti ad alcuna misura coercitiva, ben potrebbero continuare impunemente a commettere il delitto di estorsione ai danni dei propri dipendenti”, dato che “entrambi gli indagati hanno posto in essere con spregiudicatezza assoluta condotte mortificanti la dignità della persona e del lavoratore, calpestando diritti costituzionali al solo scopo del profitto economico profittando della gravissima crisi occupazionale che attanaglia la Provincia di Agrigento”.

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Pubblicato da:
Redazione
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