PALERMO – «Credo che qualcosa della generosità del mitico Gellia sia rimasto nel Dna degli agrigentini e lo dimostrano questi ultimi anni in cui migliaia e migliaia di persone che scappano dalle guerre, dalle carestie, dalla fame si riversano ad Agrigento. La città non ha problemi ad accoglierli perché gli agrigentini sanno che l’accoglienza non è solo un gesto di fraternità, ma è anche un arricchimento della propria cultura, un allargamento del proprio orizzonte». Per lo scrittore agrigentino, Andrea Camilleri, Agrigento merita di fregiarsi del titolo di «Capitale Italiana della Cultura», non solo per la Valle dei Templi e il suo immenso patrimonio, ma anche e soprattutto perché è la città dell’accoglienza. A questo proposito cita il munifico Gellia, che nell’antica Akràgas era solito accogliere ed ospitare a sue spese ogni forestiero.
Tra i temi per la candidatura di Agrigento sostenuta dall’amministrazione comunale, figura infatti anche l’esperienza culturale e civica profonda. Con il suo avamposto Lampedusa, la città dei Templi assurge a terra di confine, con un destino legato alle sorti dei migranti, alla gestione dell’accoglienza ai rifugiati, all’assistenza sanitaria e ai numerosi salvataggi estremi in mare, nonché a luogo d’approdo e di salvezza verso un futuro migliore.