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Agrigento, presentato il restauro dell’urna di San Gerlando

A farsi promotori del restauro sono stati l’ufficio di Beni culturali dell’Arcidiocesi e il Museo diocesano

Di Rita Baio |

Agrigento, nell’anno giubilare, si riappropria dell’urna che custodisce le reliquie di San Gerlando. L’opera, che presenta insieme le tipologie dell’arca reliquiaria e della macchina processionale, venne realizzata su disegno del pittore monrealese Pietro Novelli. L’urna, una cassa lignea scolpita e rivestita con argento cesellato, fu commissionata dal vescovo Francesco Traina nel 1635, realizzata nel 1639 a seguito del lavoro dell’argentiere Michele Ricca e dello scultore Giancola Viviano.Nel 1972, purtroppo, vennero trafugati 10 dei 12 puttini e la statuetta del Santo mentre l’urna si trovava nella chiesa di San Domenico, dopo la chiusura della Cattedrale a seguito della frana. Al suo rientro in Cattedrale, nel 1983, furono trafugati i restanti puttini e i 6 riquadri con gli episodi della vita del Santo.Nel 2012 il Comando dei carabinieri – Tutela del Patrimonio Culturale – ha ritrovato e riconsegnato 6 degli 8 puttini dell’urna argentea di San Gerlando e, nel 2013 fu ritrovato e consegnato un altro puttino. Ieri mattina, in Cattedrale, l’urna reliquiaria è stata presentata alla stampa in un momento di emozione e apprezzamento dell’opera degli artigiani cesellatori contemporanei. L’urna custodisce i resti mortali di San Gerlando e rappresenta il monumento della fede cristiana, oltre a essere un patrimonio artistico di valore inestimabile. A farsi promotori del restauro, sono stati l’ufficio di Beni culturali dell’Arcidiocesi e il Museo diocesano, mentre il rilievo preliminare è stato realizzato da Domenico Olivieri e Sofia Sanfilippo che ha curato anche il restauro delle parti lignee. Il progetto di restauro è stato curato da Antonio Mignemi della Mimarc mentre la creazione e le integrazioni delle parti mancanti sono state realizzate dalla Fabbrica Artigiana Argenteria Amato Antonino. Questa grande operazione è stata possibile grazie alla generosità dell’architetto Alfonso Cimino, che finanziato integralmente il restauro.

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