Nell’inchiesta figurano 20 indagati, residenti in mezza provincia di Agrigento, tra cui gestori di bar, ristoratori, commercianti di abbigliamento, e addirittura un noto veterinario. A carico di Giovanni Trupiano il tribunale ha disposto il sequestro preventivo di un conto corrente con 7.350 euro. L’inchiesta, nell’ambito della quale sono arrivati questi provvedimenti cautelari, è stata denominata – e non a caso – “Alta tensione”. «Qui siamo di fronte ad un salto di qualità senza precedenti – dice il comandante provinciale dei carabinieri di Agrigento, col. Mario Mettifogo -. Tecnici di Enel chiamati a fare le verifiche sui consumi e sui contatori, i quali si prestano ad essere corrotti. Tutto questo in danno della società Enel, che naturalmente è parte lesa. E possiamo togliere del tutto la giustificazione della difficoltà economica, di persone che non hanno i soldi per pagare la bolletta. Questi privati hanno i soldi per pagare il prezzo della corruzione dell’incaricato di pubblico servizio. Per loro è una furbizia, che però è un illecito».
I particolari dell’operazione condotta dai carabinieri della Compagnia di Agrigento, sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa. Presenti il capitano Ernesto Fusco, il tenente Nicolò Morandi, e il tenente Giuseppe Scotto Di Tella. Trupiano e La Porta, per almeno due anni, hanno messo in campo il metodo della “regressione”, un modo per far scalare i consumi ai privati, e che non lascia traccia visibile a occhio nudo sul contatore. L’inchiesta è partita nel 2014, dopo la denuncia presentata dal gestore di una sala giochi, Gregorio Bonsignore, che è stato raggirato. I due si sono presentanti nella sua attività imprenditoriale, facendo finta di trovare un allaccio abusivo. «Vedi che sappiamo che hai allaccio abusivo», e il commerciante sicuro di non avere commesso alcun illecito, è corso dai carabinieri.
«Le indagini hanno portato alla luce la corruzione, da parte di questi signori, che erano talmente bravi – aggiunge il capitano Fusco – che riuscivano anche a dilazionare le somme di denaro da incassare dagli imprenditori. Per attività del genere chiedevano anche 2 mila euro che, naturalmente, si dividevano fra i due». In una conversazione intercettata dai militari, i due verificatori, parlano di guadagni illeciti e di quanto giornalmente racimolavano. «Oggi ho tirato mille euro. Mi sono preso mezzo stipendio. Domani ho un’altra entrata».
I furti di energia elettrica, venivano realizzati sia con l’apparecchiatura denominata “Sorcio” che con il “classico” magnete. E per il magnete la somma richiesta sarebbe stata di 150, 200 euro. L’indagine ha riguardato cittadini privati e attività commerciali. Scoperti casi ad Agrigento, Canicattì, Campobello di Licata, Licata e a Favara. L’utente privato risparmiava sulla bolletta, abbattendo i costi dell’80% e talvolta 90% , e i due “compari” incassavano. E quando in taluni momenti mancava la disponibilità di denaro, si accontentavano di barattare la corrente elettrica con altro. In un’occasione addirittura con una partita di caciotte. «Riteniamo però – ha concluso il colonnello Mettifogo – il fenomeno sia molto più diffuso di quanto è stato accertato da questa indagine che ha disvelato una parte della realtà. Ma noi riteniamo che la parte più ampia resti ancora nascosta».