Roma, 9 nov. La prima trasferta a Roma per una ragazza, l’incontro con De Gregori che volle salutarlo e per lui fu come vincere “un Premio Nobel”, il rapporto con Marco Pannella di cui ha sempre apprezzato e condiviso “la difesa dei diritti civili, sociali e individuali”, poi le tappe della grande ascesa live, dal Palasport al Flaminio e dall’Olimpico al Circo Massimo a suon di record di presenze che lo hanno reso l’artista che “ha dato credibilità al rock italiano” e di fronte al quale “gli artisti stranieri”, che prima dominavano la scena dei grandi concerti, “hanno imparato a bussare, quando vengono in Italia”. Per Vasco Rossi la Lupa d’Oro ricevuta oggi in Campidoglio diventa l’occasione per celebrare il primato di artista italiano con il maggior seguito live, confermato quest’estate da un tour da 701.000 presenze, 120.000 delle quali totalizzate nei due concerti romani al Circo Massimo, che sono diventati un docufilm presentato in anteprima proprio martedì al cinema Moderno di Roma e in arrivo in circa 300 sale dal 14 al 16 novembre in tutta Italia.
Attesa da centinaia di fan anche in Campidoglio, il Blasco si è intrattenuto prima nella stanza del sindaco di Roma Roberto Gualtieri, con il quale ha dato vita ad un duetto musicale a sorpresa sulle note di ‘Albachiara’, con il primo cittadino che lo ha accompagnato alla chitarra. Poi nell’Aula Giulio Cesare prima della consegna dell’onorificenza, Vasco ha fatto il suo discorso a suon di aneddoti sul suo rapporto con la capitale. La prima trasferta a Roma, che “fu per una ragazza romana conosciuta a Zocca”, poi cominciarono quelle promozionali con le prime soddisfazioni, come essere fermato da Francesco De Gregori “che per me era già un maestro e il suo riconoscimento per me era come aver vinto il Premio Nobel”.
Ma, ha aggiunto Vasco, “a Roma venivo anche per motivi miei privati, perché qui ho amici, parenti, figli e nipoti. Fra questi c’era anche Pannella che venivo a trovare tante volte. Lui sempre attivo nella difesa dei diritti civili e individuali, io resto sempre legato a lui. Sono come lui. Io sono il Pannella della canzone, per me sono importanti i diritti civili e sociali”, ha detto Vasco, ricordando anche il suo primogenito Davide viveva a Roma e lui veniva a trovarlo e a passare del tempo con lui.
Ripercorrendo la sua ascesa live, Vasco poi ha raccontato: “Roma sembrava inespugnabile. Veramente pure Firenze allora. Ma io facevo centinaia di concerti l’anno, pure le feste dell’Unità. All’inizio suonavamo per 100 persone. L’anno dopo erano 150, poi 200, poi 1000, poi 10000, poi sono diventate 100000. Cosa che non avrei mai pensato”.
“Sono arrivato finalmente a Roma per la prima volta nell’86, poi negli anni ’90 la svolta: finalmente un italiano faceva più persone degli stranieri. Non era mai successo, è stato proprio un cambiamento di paradigma. Ora gli stranieri che vengono in Italia devono bussare. Ho dato credibilità al rock in italiano. Io canto in italiano, canto ‘come magno’, chi capisce capisce, chi non capisce. Io non ho problemi”, ha scherzato Vasco sottolineando di aver più volte rifiutato l’invito ad incidere pezzi anche in spagnolo.
Vasco ha ricordato anche che dopo il suo concerto del 1993, lo Stadio Flaminio “non lo diedero più a nessuno, perché il suono era abbastanza potente”. Così, “dall’anno dopo ho occupato l’Olimpico”, ha sottolineato tra gli applausi. “Sono arrivato a fare quattro concerti all’Olimpico di fila. nessuno straniero l’ha fatto”, Eppure, ha aggiunto, “noi siamo sempre esterofili e un po’ provinciali”. Infine, l’apoteosi del Circo Massimo dopo due anni di stop per la pandemia. “L’entusiasmo di essere finalmente insieme. Di essere usciti da questo bruttissimo incubo anche se abbiamo ancora problemi grossi. Speriamo di superare questo inverno e che non sia un inverno nucleare”, ha proseguito il rocker che, “orgoglioso di ricevere questo riconoscimento così importante da una città così importante”, ha poi dedicato l’onorificenza ricevuta dal Comune di Roma al padre, “che portava – ha detto – con il camion la frutta ai Mercati Generali e non ha potuto vedere questa meravigliosa avventura che ho vissuto”.
Dopo la consegna della Lupa d’Oro, in un’Aula Giulio Cesare gremita di consiglieri, assessori e presidenti di municipio tutti fan del Blasco, il rocker si è sottoposto a selfie e firma di autografi tanto da rimanere quasi intrappolato insieme al sindaco nella marea di persone presenti.
di Antonella Nesi