(Roma, 12/10/2021) – La pandemia del Covid ha evidenziato quanto ci sia bisogno di best practice, oltre al fatto che la sanità non può più essere solo una questione di Regioni e di Nazioni, ma deve essere trattata a livello globale.
“L’esperienza in telemedicina in Italia, come cumulo di esperienza indietro nel tempo, è abbastanza simile a quella del Kazakistan”, ha premesso Francesco Gabbrielli, Direttore Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali, Istituto Superiore di Sanità. “Io stesso ricordo i miei primi progetti da giovanissimo ricercatore che risalivano al 1995-1996. E già in quegli anni, alcune esperienze di assistenza ai pazienti venivano sperimentate con tecnologie naturalmente molto meno mature di quelle attuali e con enormi difficoltà. In Italia poi sono cresciute le esperienze negli anni e quando nel 2013-2014 cominciarono a diffondersi gli smartphone, si apriva una stagione che rendeva molto più facile l’interazione con i pazienti. Nello stesso periodo l’Italia è stata, fino a pochissimo tempo fa e in parte lo è ancora, leader mondiale della tutela della riservatezza dei dati digitali, in sanità soprattutto. Oggi noi abbiamo una norma europea, vincolante per tutti gli Stati europei, che è la più evoluta rispetto alla tutela dei diritti dei pazienti sulla privacy dei loro dati sanitari. Il Centro Nazionale per la Telemedicina dell’Istituto Superiore di Sanità è stato fondato nel giugno del 2017, quindi è relativamente recente e in questi ultimi anni abbiamo lavorato per creare le condizioni di conoscenza e di capacità normativa per costruire un sistema italiano uniforme di telemedicina. Da tempo la comunità scientifica italiana che si occupa di telemedicina ha sottolineato la maturità delle esperienze italiane, ma anche il fatto che, per incidere sulla vita del sistema sanitario italiano, avrebbero dovute fare un salto di qualità che è quello di essere unite su tutto il territorio nazionale. Anche questo passaggio a livello istituzionale e nazionale ci accomuna con il Kazakistan, il quale già nel 2004 ha sviluppato un primo sistema che è partito da un numero limitato di distretti attorno a una delle città kazake e poi si è sviluppato su tutto il panorama nazionale, uniformando i servizi nei vari distretti in cui è diviso il Kazakistan, che è un Paese piuttosto esteso. Un altro elemento che ci accomuna, riguarda la distribuzione della popolazione nel territorio. Una buona parte dell’Italia è occupata da colline e montagne dove ci sono piccole comunità rurali che hanno problemi di accesso ai servizi sanitari, proprio come in altri Paesi del mondo a partire dal Kazakistan. La pandemia Covid ci ha costretti ad accelerare alcuni processi di trasformazione del Sistema Sanitario Nazionale, utilizzando in maniera strutturata la telemedicina. Questa evoluzione noi la stiamo perseguendo all’interno di una logica di servizio sanitario pubblico per la popolazione e questo è anche un elemento per il quale potremmo collaborare proficuamente con il Kazakistan”.
Sempre nell’ambito dell’intelligenza artificiale Antonio Cerqua, Head of Data, AI & GIS Solutions, AlmavivA ha usato queste parole: “AlmavivA si è occupata di una serie di progetti dove sono stati realizzati degli algoritmi che forniscono informazioni predittive su alcune patologie croniche come il diabete, lo scompenso cardiaco, temi oncologici, con modelli che dicono esattamente quando il paziente avrà delle complicazioni. Inoltre come AlmavivA stiamo collaborando con molti clinici anche alla stesura di pubblicazioni in ambito medico, generate dagli output di questi algoritmi. Il tutto, all’interno dell’intelligenza artificiale, assumerà un gran valore attraverso dei modelli interoperabili, tra tutte le strutture ospedaliere nazionali e internazionali ed enti territoriali, per scambiare dati e algoritmi in modo sicuro e per accrescere il modello di precisione”.
Su questo punto si è espresso anche Ugo Di Iorio, IBM Executive Client Partner Healthcare: “Oggi, secondo noi, le tecnologie digitali ed esponenziali quali l’intelligenza artificiale e gli smart device sono molto utili non solo come strumenti di supporto per i clinici, ma anche per migliorare quella che gli anglosassoni definiscono la patient satisfaction. È necessario infatti che ciascun individuo abbia un’esperienza positiva con la struttura sanitaria. Questo è possibile anche grazie a un’evoluzione delle modalità in cui l’ospedale interagisce con il territorio e i pazienti; abbracciando il concetto di un continuum di presa in carico, diagnosi, cura e assistenza, nel quale vengano abbattute virtualmente le mura della struttura sanitaria per permettere percorsi ‘phigital’, che alternino interazioni fisiche e digitali. Come IBM crediamo che sia di estrema importanza poter visualizzare, monitorare e ottimizzare questi percorsi phigital, attraverso un approccio data driven, fornendo così a ospedali e pazienti una serie di benefici sia in ambito clinico che gestionale”.
A proposito di prassi concreti Marco Venditti, CIO UCBM, racconta: “Le tecnologie in ambito eHealth devono avere come obiettivo principale quello di concorrere al benessere della persona, coinvolgendo paziente e caregiver in ogni fase del percorso di cura e facilitando interazioni più efficienti con i professionisti sanitari con i quali il paziente entrerà in contatto. Devono essere implementate garantendo sicurezza, rispetto della privacy, scalabilità e interoperabilità. È con tale spirito che abbiamo sviluppato una App dedicata a pazienti e accompagnatori del nostro Pronto Soccorso, integrata con i sistemi informativi dell’ospedale: poter vedere lo stato di affollamento del Pronto Soccorso e poter avere aggiornamenti tempestivi sullo stato del proprio caro durante tutto il percorso di cura, funzionalità pensate per ridurre lo stress dell’accompagnatore che rischia di non riuscire ad avere informazioni aggiornate e aiutare il paziente a controllare lo stato di affollamento prima di raggiungere il PS. Una volta che il paziente riceve il QR Code (in fase di Triage) può girarlo a chi vuole, in modo tale che il care giver, che sia in sala di attesa o a casa, possa inserire il codice di contatto e seguire l’iter del paziente. L’uso della App durante alcuni periodi della pandemia, quando ai parenti non era consentito entrare in ospedale, è considerevolmente aumentato, contribuendo a ridurre le richieste telefoniche dei parenti dei pazienti al personale del PS. I responsabili del Pronto Soccorso sfruttano costantemente la App per poter monitorare lo stato di affollamento in tempo reale”.
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