Milano, 15 giu. (Adnkronos Salute) – Scienziati dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (Sr-Tiget) di Milano hanno scoperto il ruolo di un gene che agisce come interruttore per la produzione di interferone beta (β), una molecola chiave per difendere l’organismo da virus come il Sars-CoV-2 di Covid-19 o dallo sviluppo di tumori. La ricerca, pubblicata su ‘Immunity’ e coordinata da Renato Ostuni, responsabile del Laboratorio genomica del sistema immunitario innato presso l’Sr-Tiget, indica “un nuovo target terapeutico per modulare la risposta immunitaria”. Con “importanti implicazioni nella lotta alle malattie infettive e oncologiche”, sottolineano gli autori, secondo i quali il lavoro apra inoltre la strada alla messa a punto di “protocolli di terapia genica più efficaci per le malattie rare”.
Gli interferoni di tipo I, di cui fa parte l’interferone β – spiegano Irccs San Raffaele e Fondazione Telethon – sono tra le più potenti molecole ad azione infiammatoria. Come tali queste proteine sono essenziali per la nostra sopravvivenza, ma anche potenzialmente pericolose: se infatti non vengono prodotte a sufficienza quando ce n’è bisogno, il sistema immunitario non riesce a difenderci con successo contro patogeni e tumori; se però vengono prodotte in eccesso e fuori contesto, possono favorire l’insorgenza di malattie autoimmuni e infiammatorie. “Ecco perché – sottolinea Ostuni – l’evoluzione ha prodotto una serie ridondante di interruttori di sicurezza: geni diversi che devono essere attivati in serie prima di permettere la sintesi degli interferoni. Si tratta di un sistema di protezione pensato per evitare che queste molecole infiammatorie vengano rilasciate nei tessuti quando non è strettamente necessario”.
Diversi geni coinvolti nei processi di regolazione degli interferoni sono stati scoperti da tempo, ricordano gli studiosi. Adesso Ostuni e colleghi ne descrivono uno nuovo: si chiama MEF2A e codifica per una proteina (un fattore di trascrizione) già nota per il suo ruolo nello sviluppo del sistema nervoso e muscolare. Prima d’ora, però, nessuno sospettava che MEF2A potesse avere un ruolo così rilevante anche per il funzionamento del sistema immunitario.
I ricercatori – dettaglia una nota – sono arrivati a MEF2A studiando il meccanismo d’azione di una molecola, la prostaglandina E2 o PGE2, conosciuta per la sua capacità di modulare le risposte immunitarie. Normalmente, la PGE2 impedisce che gli interferoni vengano rilasciati quando non necessario e quindi contribuisce a mantenere i tessuti in salute. “La PGE2 – aggiunge Ostuni – è inoltre un ingrediente essenziale nei protocolli di terapia genica, perché permette di coltivare e ingegnerizzare le cellule staminali del sangue, preservandone la piena funzionalità. E studi internazionali suggeriscono che la PGE2 possa addirittura favorire la rigenerazione del midollo osseo dopo il trapianto”.
Come purtroppo spesso succede – evidenziano i ricercatori – le cellule tumorali sono in grado di alterare alcune proprietà fisiologiche e di sfruttarle a proprio vantaggio. La prostaglandina E2 viene infatti prodotta in grandi quantità in alcuni tipi di tumori che, così facendo, sfuggono al controllo del sistema immunitario.
“Il rovescio della medaglia nell’avere così tanti meccanismi di controllo per molecole infiammatorie come gli interferoni – rimarca Ostuni – è che il sistema è particolarmente vulnerabile alle strategie di ‘hacking’ delle cellule tumorali: basta bloccare uno degli interruttori per impedire il rilascio di interferoni e tenere a bada il sistema immunitario”.
La scoperta di un nuovo gene che regola la produzione dell’interferone β, e della capacità della prostaglandina E2 di limitarne la funzione, ha “molteplici applicazioni – prospettano gli scienziati – che vanno dal trattamento delle malattie infettive allo sviluppo di nuove strategie di immunoterapia per i tumori.
“Non solo: ci permetterà anche di migliorare i protocolli di terapia genica – aggiunge Ostuni – La capacità rigenerativa delle cellule staminali del sangue viene infatti compromessa da fenomeni infiammatori, sia durante la correzione genetica in laboratorio che a seguito del trapianto nei pazienti”.
Il gruppo di ricerca è già al lavoro per tradurre il risultato di questa ricerca di base, condotta attraverso tecnologie all’avanguardia e analisi bioinformatiche – precisa la nota – in terapie cellulari avanzate, la missione chiave dell’Sr-Tiget. “L’interferone β – conclude Ostuni – è una molecola fondamentale nel regolare la risposta immunitaria in moltissime situazioni: conoscere i geni che ne controllano la produzione apre prospettive eccitanti, che non vediamo l’ora di esplorare”.