Milano, 11 nov. Alessandro Impagnatiello merita l’ergastolo per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano che portava in grembo il loro figlio Thiago. E’ questa la richiesta che le rappresentanti della pubblica accusa, la procuratrice aggiunta Letizia Mannella e la pm Alessia Menegazzo, sono pronte a pronunciare in aula, davanti ai giudici della prima corte d’Assise di Milano. Ci si attende una requisitoria senza sconti per il delitto della ventinovenne studiato in più di un dettaglio, per un femminicidio crudele commesso da chi si è visto “smascherato”. Una violenza confessata dall’imputato per rispondere più al proprio ego che per un vero pentimento per quanto fatto la sera del 27 maggio del 2023 nella loro casa a Senago.
Quando il “castello di bugie” del trentunenne che si credeva capace di manovrare due donne come due pedine s’è sgretolato ha ucciso. Per non uscirne sconfitto ha affondato per 37 volte il coltello nella carne viva. Lo scacchista-narciso ha colpito lucidamente, con una “rabbia fredda” e poi, interrogato, ha continuato a tergiversare, a condire di bugie il suo racconto, ad addossare agli altri le sue responsabilità, a cercare di salvare sempre e solo se stesso. E’ questa la tesi della pubblica accusa.
Contro Impagnatiello c’è la sua confessione, c’è la perizia psichiatrica voluta dai giudici che lo riconosce capace di intendere e di volere, ci sono prove, tante, e tutte convergenti. Difficile per l’ex barman accusato di omicidio aggravato (dai futili motivi, dalla crudeltà, dalla premeditazione e dal vincolo della convivenza), interruzione non consensuale di gravidanza e occultamento di cadavere riuscire a evitare il massimo della pena.
E’ forse l’incontro avvenuto nel pomeriggio di sabato (27 maggio 2023) tra Giulia e l’altra donna di Impagnatiello, ignara di quella relazione ufficiale, a convincerlo ad agire. Nel salotto del loro appartamento afferra un coltello e colpisce ripetutamente la ventinovenne, prova a bruciare il corpo nella vasca da bagno, prima di trascinarlo lungo le scale e nasconderlo in cantina, quindi in garage dove prova a darle di nuovo fuoco con la benzina. Spaventato e incalzato dai carabinieri nasconde la vittima nel bagagliaio dell’auto, infine prova a sbarazzarsi del corpo nascondendo Giulia, avvolta in buste di plastica, in un anfratto dietro a dei box di viale Monterosa, a 700 metri circa dalla loro casa di Senago.
Il primo giugno confessa il delitto, ma le sue parole restituiscono solo in parte l’orrore. Le indagini svelano come già a partire dal dicembre 2022 abbia svolto ricerche online sugli effetti del veleno per topi, una sostanza dannosa fatta ingerire all’inconsapevole vittima e in tale quantità da raggiungere anche il feto.
Impagnatiello all’altra donna ha mentito anche sulla paternità del figlio in arrivo – mostrando un falso certificato sul Dna – e l’ha cercata subito dopo il delitto, ha depistato le indagini scrivendo dal telefono di Giulia quando era già morta, ha provato a nascondere le tracce come mostrano le ricerche ‘ceramica bruciata vasca da bagno’ (fatte nel vano tentativo di ripulire tutto), ha comprato in anticipo benzina e carrellino per bruciare e spostare il corpo. Elementi che fanno propendere per la premeditazione, un’aggravante che se riconosciuta o no poco conta nel calcolo finale della procura che non ha dubbi: Alessandro Impagnatiello va condannato all’ergastolo.