Notizie Locali


SEZIONI
Catania 18°

Adnkronos

Omicidio Cecchettin, Turetta: “Ho ucciso Giulia per rabbia, non voleva tornare con me”

Di Redazione |

Lo studente modello, il ragazzo introverso con la passione per la pallavolo, il ventiduenne alla sua prima relazione sentimentale, fa fatica a pronunciare il nome di Giulia, lo fa solo un paio di volte in circa sei ore di interrogatorio. Il ritratto è quello di una relazione di circa un anno e mezzo, della vittima, compagna di studi in Ingegneria biomedica, che si oppone a lui “troppo dipendente e ossessionato da lei, eccessivo, possessivo e soffocante” ma incapace di cambiare, di tenere a bada la rabbia.

La difesa di se stesso è incerta quando il pm Andrea Petroni lo incalza su quanto scritto in una lista, una sorta di piano d’azione che realizza a partire da inizio novembre. Spia la vittima con unaRe sul cellulare, compra tre scotch per legarla e impedirle di urlare, studia mappe per scappare e disfarsi del corpo, prepara soldi, vestiti e provviste per la fuga. “Scrivendo quella lista ho ipotizzato di stare un po’ insieme e di farle del male…ero arrabbiato, provavo risentimento perché c’eravamo lasciati. Quella lista mi tranquillizzava”, spiega. “Ho ipotizzato di rapirla in macchina, di allontanarci insieme verso una località isolata per stare più tempo insieme… poi aggredirla, togliere la vita a lei e poi a me”.

Rispetto alla confessione resa pochi giorni dopo l’arresto, Turetta ‘corregge’ il tiro e ripete quello scritto nero su bianco in tre recenti memorie: “I coltelli li ho messi in auto quella settimana, deve essere stato uno di quei giorni… mercoledì, giovedì o venerdì. Quel sabato ho comprato altro scotch, il terzo, forse per avere più sicurezza”. E quella sera, nel parcheggio di Vigonovo “la cosa che volevo più di tutte era tornare con Giulia, ho provato a farle un regalo (una scimmietta di peluche, ndr) ma lei lo ha rifiutato. In quel momento ho sentito di aver perso la possibilità di tornare insieme”.

Sull’asfalto, a 150 metri da casa Cecchettin, restano le macchie di sangue mostrate in aula. “Ero arrabbiatissimo, non volevo andasse via. Devo averla spinta o tirata e lei è caduta per terra, la devo aver colpita non so come…ricordo solo che ho il coltello in mano”. Poi la carica in auto, le toglie il cellulare “per impedirle di chiamare aiuto”, blocca le sicure della macchina per impedirle la fuga, la colpisce ancora -“un colpo alla coscia, forse altri, non lo so perché colpivo a caso” – nel tragitto verso l’area industriale di Fossò. La ventiduenne riesce a scendere, la telecamera di una ditta inquadra la breve fuga, poi Turetta la raggiunge e riprende a colpire. Non ricorda il numero esatto di coltellate, 75 dirà l’autopsia. Si libera del corpo dopo cento chilometri, lo nasconde vicino al lago di Barcis, usando dei sacchi neri, anche questi presenti nella lista, “per coprire le ferite…era un’immagine brutta”. (segue)

Ci mette quasi tre ore Turetta per rispondere alla domanda che si pongono tutti. “Ho ucciso Giulia perché non voleva tornare con me, avevo rabbia, soffrivo di questa cosa. lo volevo tornare insieme a lei e di questo soffrivo molto e provavo risentimento, molto, verso di lei. Avevo rabbia perché sostanzialmente soffrivo di questa cosa, volevo tornare insieme e lei non voleva…non so… mi faceva rabbia che non volesse”. Parole che pronuncia senza particolare emozioni, le lacrime (poche) si vedono solo quando pensa al tentativo di allungare il tempo con la “meravigliosa” Giulia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

Di più su questi argomenti: