Roma, 11 giu. (Labitalia) – Secondo le stime, elaborate dai microdati dell’indagine forze di lavoro dell’Istat, sono evidenti le ricadute del lavoro minorile sulle prospettive di vita dei giovani coinvolti: chi inizia a lavorare prima dei 16 anni nel 46,5% dei casi consegue al massimo la licenza media; solo l’11,2% del campione arriva alla laurea. Diversamente, tra chi entra nel mondo del lavoro in età legale, sono solo 18 su 100 coloro che si fermano alla scuola media inferiore, mentre la percentuale dei laureati sale al 27,3%.
Emerge dall’indagine della Fondazione studi consulenti del lavoro ‘Il lavoro minorile in Italia: caratteristiche e impatto sui percorsi formativi e occupazionali’, realizzata dal proprio Ufficio Studi in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile del 12 giugno 2021.
Così, in una catena consequenziale, il lavoro minorile abbatte le possibilità di raggiungere i vertici della piramide professionale: solo il 17% arriva a svolgere una professione imprenditoriale, intellettuale o tecnica mentre si riscontra un valore quasi doppio (31,5%) tra quanti, al contrario, iniziano a lavorare più tardi. Tra questi, 7 su 10 sono uomini, più propensi ad abbandonare gli studi e maggiormente coinvolti nelle esigenze di sostentamento delle famiglie in condizioni economiche disagiate rispetto alle donne, e vivono nelle regioni del Nord (57,1%) dove sono maggiori le opportunità occupazionali nel tessuto produttivo, specie nelle regioni a più alta vocazione turistica (Trentino Alto Adige, 17,9%; Val d’Aosta, 10,6%; Sardegna, 10,3%).