Roma, 20 mag. (Adnkronos Salute) – “La retinopatia diabetica, indipendentemente dal grado della patologia, rappresenta uno dei principali parametri del rischio cardiovascolare. Il soggetto diabetico che ha la retinopatia è come avesse avuto un infarto dal punto di vista del suo rischio di salute. Fondamentali prevenzione e controlli periodici perché il paziente diabetico ha una vista perfetta, ma da un giorno all’altro improvvisamente non vede più perché la retinopatia nel frattempo è andata avanti”. Lo sottolinea all’Adnkronos Salute Edoardo Midena, della Società italiana della retina (Sir) e direttore della Clinica oculistica dell’università degli Studi di Padova, a margine dell’XI convegno nazionale Amd dal titolo “Amd per la diabetologia: crescita, comunità e partecipazione”, che si è tenuto a Roma.
Con i “medici diabetologi – afferma Midena – abbiamo messo in luce due punti: il soggetto con la retinopatia diabetica abitualmente non si lamenta di perdere la capacità visiva, quindi il rischio è di arrivare tardi alla diagnosi; inoltre, in passato si credeva che fosse una malattia esclusivamente della circolazione vascolare della retina, sappiamo però che ne esiste una componente infiammatoria. Questo deve indurre l’oftalmologo ad analizzare con attenzione l’Oct dell’occhio per poter scegliere la terapia più adeguata al singolo paziente”.
Dei quasi 4 milioni di italiani con diabete, circa 1,2 milioni – pari al 30% convive con la retinopatia diabetica. Di questi, un 6-7% a causa della malattia perde la capacità visiva.
“La retinopatia – afferma Midena – può avere due forme: non proliferante e proliferante. In entrambi ci può essere la complicanza più pericolosa ai fini della capacità visiva che è l’edema maculare diabetico. La forma proliferante si tratta ancora con il laser, tecnica che negli Stati Uniti è considerata superiore ad altre terapie. L’edema maculare che è la causa della perdita visiva viene attualmente trattato con iniezioni intravitreali di due categorie diverse di farmaci: i cosiddetti anti-Vegf che necessitano di una somministrazione mensile per almeno 5 mesi e poi a distanza di due mesi. Quindi nel primo anno le iniezioni sono circa 8. Negli anni successivi si valuta a seconda della risposta che si è avuta. La seconda tipologia di farmaci sono quelli cortisonici che hanno una tecnologia di rilascio lento e progressivo. Il loro effetto ha una durata mediamente di 4 mesi e vengono ripetuti solo nel caso l’edema maculare ricompaia. Grazie a questi farmaci intravitreali possiamo gestire meglio e tenere sotto controllo la malattia, senza troppe limitazioni per i nostri pazienti”.
Il paziente tipo sottoposto alle terapie intravitreali, secondo Midena “è quello al quale viene diagnosticata la malattia perché si sottopone regolarmente a una procedura di screening o perché si è accorto che la sua capacità visiva è diminuita e quindi si rivolge ad un oculista per fare l’esame Oct, indagine che studia specificatamente la macula, l’area centrale della retina. Questo esame rivela la presenza di liquido, cioè l’edema”. A quel punto il paziente “inizia il percorso di trattamento. Un trattamento che non va fatto per tutta la vita perché la retinopatia diabetica è una malattia che possiamo curare nel periodo di tempo che va da 1 a 3 anni”, conclude.