Il premier incaricato dal Capo dello Stato, indicato dai due partiti ed espresso dal Movimento 5 stelle, è il giurista Giuseppe Conte, un ‘carneade’ della politica. Ma la situazione precipita il 27 maggio, quando Mattarella dice no alla nomina di Paolo Savona a ministro dell’Economia, in quanto “sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell’Italia dall’euro”.
Conte è costretto a rinunciare, il ritorno alle urne sembra dietro l’angolo, mentre Luigi Di Maio, all’epoca leader M5S, non esita a minacciare l’impeachment nei confronti del Capo dello Stato. Il giorno dopo al Quirinale viene convocato Carlo Cottarelli, ‘mister spending review’, con il compito di varare un Governo per riportare il Paese ad elezioni in breve tempo, predisponendo le misure necessarie per garantire la tenuta dei conti pubblici.
Una mossa che spinge M5S e Lega e rivedere le loro rigidità, a proposito soprattutto della nomina di Savona al ministero dell’Economia. Nel giro di poco più di 48 ore vengono così meno i presupposti che avevano portato all’incarico a Cottarelli e maturano le condizioni perché il primo giugno veda la luce il Governo gialloverde, presieduto da Conte, sostenuto dall’”unica maggioranza parlamentare –spiegherà Mattarella- che si” è “rivelata possibile”.