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L’HIV in Italia: “Ancora troppa disomogeneità in sorveglianza, presa in carico e prevenzione, fondamentale che Società scientifiche, Governo e Regioni rimettano al centro il paziente”
“La pandemia da SARS-CoV-2 ha ridisegnato completamente i rapporti inter-personali e la gestione medico-paziente all’interno degli ambulatori e degli ospedali gettando un cono d’ombra su altre patologie e, in particolare, quelle croniche come l’infezione da HIV. Le misure di isolamento sociale e di contenimento hanno purtroppo aumentato le barriere verso l’accesso precoce al test HIV, reso più difficile il collegamento tempestivo per un trattamento precoce e hanno, inevitabilmente, ridotto il numero delle visite e dei contatti con il centro di cura. A questo proposito CERGAS SDA Bocconi, in partnership con SIMIT, ha realizzato il progetto APRI-AIDS Plan Regional Implementation, con l’intento di esplorare lo stato di avanzamento nel recepimento del Piano Nazionale PNAIDS (HIV e AIDS – Legge 135/90) dopo due anni di pandemia. I risultati purtroppo hanno fotografato una realtà italiana ancora estremamente disomogenea in termini di sorveglianza, presa in carico e prevenzione dell’infezione HIV. Nello scenario epidemiologico attuale, dove alcuni cambiamenti nella gestione sanitaria indotti dalla pandemia probabilmente diventeranno strutturali, è fondamentale che le Società scientifiche, Governo, Regioni oltre che le Istituzioni, riportino al centro del dibattito tematiche legate alla persona che vive con HIV e che quello che è stato fin qui non vada distrutto ma anzi ulteriormente implementato”, ha spiegato Alessandro Bartoloni, Professore Ordinario Settore Scientifico Disciplinare Malattie Infettive Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica Università degli Studi di Firenze, Responsabile SC Malattie Infettive e Tropicali AOU Careggi Firenze
“In Toscana il sistema di sorveglianza di HIV e di AIDS è affidato all’Agenzia regionale di sanità (ARS), che dal 2004 gestisce il Registro Regionale AIDS (RRA) e dal 2009 la notifica delle nuove diagnosi di HIV. I nuovi dati del Sistema di Sorveglianza HIV (aggiornati al 31 agosto 2021) rilevano una tendenza alla diminuzione delle nuove notifiche, già in atto negli ultimi anni, ma più evidente negli ultimi 2 anni: dai 9,3 casi ogni per 100.000 residenti del 2016 siamo scesi a 3,9 casi ogni 100.000 nel 2020. Tuttavia, si sta osservando un graduale aumento dei casi tra gli omosessuali maschi: la proporzione di casi attribuibili a trasmissione tra MSM è passata dal 49,3% nel 2009-2011 al 58,5% nel 2018-2020. Una quota sempre maggiore di pazienti si presenta tardi alla prima diagnosi di sieropositività, cioè in una fase già avanzata di malattia con un quadro immunologico compromesso e spesso già in AIDS. Questo comportamento è collegato con la bassa o moderata percezione del rischio di HIV nella popolazione che effettua il test solo quando vi è il sospetto di una patologia HIV correlata o una sospetta MTS o un quadro clinico di infezione acuta e non spontaneamente per percezione di rischio. I casi di Aids sono stabili negli ultimi anni e la Toscana con un’incidenza di 1,3 per 100.000 residenti si colloca nel panorama italiano tra le regioni con incidenza più alta”, ha spiegato Monia Puglia, Agenzia Regionale di Sanità Osservatorio Epidemiologia ARS Toscana
“Limitare la diffusione dell’HIV oggi significa dare un forte impulso alla diagnosi precoce e alla rilevazione del sommerso. Le evidenze scientifiche ci dicono che se una persona scopre di avere l’HIV e inizia subito il percorso di cura può azzerare la carica virale nel sangue ed evitare gravi danni al sistema immunitario ma soprattutto non è più in grado di trasmettere il virus agli altri. Occorre che questo principio e funzione della terapia, noto come U=U (Undetectable=Untransmittable) sia sempre più diffuso alle persone perché può incentivare la necessità di fare il test e abbassare la paura e lo stigma verso le persone con HIV. È altrettanto verificato infatti che lo stigma sia a tutto gli effetti una forte barriera sia all’accesso al test (nonostante siano presenti numerosi tipi di offerta più accessibili come quelli al di fuori dei contesti ospedalieri detti Community Based) che alla capacità delle persone con HIV di seguire regolarmente le cure, di confidare la loro situazione agli altri. Inutile dire quanto questo incida sul benessere e salute del singolo e della collettività. C’è molto ancora da fare per migliorare la situazione nonostante i molto sforzi in atto. La limitazione dell’HIV è qualcosa su cui agire e che dipende da ognuno di noi”, ha dichiarato Sabrina Bellini, Presidente LILA Toscana.
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