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Interstiziopatie polmonari: “Al via la Road Map per valutare i modelli organizzativi regionali e garantire uniforme accesso a livello nazionale”

Di Redazione |

“La Rete regionale delle malattie rare è costituita da 16 istituti in cui esistono 89 Centri di riferimento per le malattie rare e 19 Presidi collegati funzionalmente ad un Centro di Riferimento. A questi vanno aggiunti 4 Centri Spoke di II livello della rete MEC individuati con DCA 57/2010 (Viterbo, Rieti, Latina e Frosinone); tutti questi Centri di eccellenza alimentano il registro delle malattie rare, e sono in collegamento tra di loro attraverso i PDTA. La rete regionale delle malattie rare del Lazio, dai dati del Sistema Informativo Malattie Rare (SIMaRaL) attualmente risulta avere in carico più di 50mila pazienti affetti da malattia rare e un indice di attrazione dalle altre Regioni di circa il 25%”, ha detto Antonella Urso, Referente Area Rete Ospedaliera e Specialistica, Direzione Regionale Salute e Sociosanitaria, Regione Lazio “Con la Determinazione dirigenziale n.G10700 del 9.9.2015 è stato istituito il Centro di Coordinamento regionale delle Malattie Rare, con funzioni di organo di supporto regionale, nelle attività di monitoraggio e programmazione dell’offerta sanitaria: oltre ai Professionisti afferenti agli Istituti riconosciuti e al personale regionale è presente una rappresentanza delle Associazioni di pazienti. La Giunta del Lazio con la Delibera n.736/2019 ha definito un modello strutturato di partecipazione delle Associazioni, attraverso cui rafforzare e valorizzare il contributo delle Associazioni di tutela dei pazienti nella programmazione e valutazione dei servizi sanitari regionali. Per le patologie polmonari rare la rete è composta da sei Centri: AOU Policlinico Umberto I, AO Sant’Andrea, AOU Policlinico Tor Vergata, Fondazione Policlinico A. Gemelli, AO San Camillo Forlanini e IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Per il capitolo delle malattie dell’apparato respiratorio rare, risultano in carico più di 1.000 assistiti di cui il 71% con un’età maggiore di 64 anni. Per la Fibrosi Polmonare Idiopatica è stato prodotto un apposito PDTA regionale, coinvolgendo tutti i Centri di riferimento della Rete, pubblicato sul sito regionale. Il modello della rete regionale del Lazio si basa sull’individuazione di centri di expertise e punta sull’aspetto cruciale del rafforzamento del rapporto tra ospedale e territorio per assicurare non soltanto la presa in carico dei pazienti affetti da Malattie Rare, ma anche continuità e appropriatezza del setting assistenziale”

“La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una patologia polmonare progressiva più frequente nel sesso maschile e negli individui con età superiore ai 65 anni. L’IPF è una malattia gravata da due caratteristiche perniciose: una diagnosi tardiva ed una mortalità elevata. Spesso il paziente affetto da IPF arriva alla diagnosi corretta dopo circa due anni dall’insorgenza dei primi sintomi. Inoltre, l’aspettativa di vita media di un paziente con IPF è di circa quattro anni dalla diagnosi. I sintomi principali di questa malattia polmonare sono aspecifici: dispnea progressiva, dapprima da sforzo e successivamente a riposo, e tosse non produttiva, spesso incoercibile. La gestione del paziente con IPF presenta numerose criticità poiché la diagnosi stessa richiede un alto livello di expertise, ed è necessario uno stretto monitoraggio dei pazienti (andamento dei sintomi, effetti collaterali delle terapie). Inoltre, al momento attuale, non esiste un percorso ben definito e chiaro di gestione del fine vita di questi pazienti, imponendo un gravoso carico emotivo e gestionale ai pazienti ed ai caregivers”, ha spiegato Francesco Varone, Dirigente Medico, UOC Pneumologia, Policlinico Universitario “A.Gemelli”, Roma

“Le malattie dell’interstizio polmonare sono un gruppo di patologie respiratorie in genere gravi, che possono portare ad insufficienza respiratoria e morte in pochi anni se non riconosciute e curate. Da questo nascono molteplici problemi: essendo relativamente poco conosciute (anche se in Italia i malati si calcolano in decine di migliaia) la diagnosi negli stadi iniziali è difficile e complessa. A questo si aggiunge che le scelte tra le nuove terapie va gestita da medici specialisti con esperienza spesso multidisciplinare (pneumologi, reumatologi, radiologi) che sono relativamente pochi e distribuiti in modo ineguale nel nostro Paese. La cura ottimale con i risultati migliori in termini di sopravvivenza e qualità di vita nei malati di interstiziopatie polmonari dipende quindi da fattori organizzativi e gestionali in gran parte modificabili e migliorabili”, ha aggiunto Alfredo Sebastiani, Responsabile UOS Interstiziopatie e day hospital Pneumopatie Interstiziali AO San Camillo Forlanini, Roma

“Tra le malattie rare del polmone le interstiziopatie polmonari rappresentano una parte rilevante delle patologie dell’apparato respiratorio. La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è la più frequente e la più grave tra queste malattie. Presso il centro della “Fibrosi polmonare e malattie rare del Polmone” del Policlinico Tor Vergata abbiamo trattato numerosissimi pazienti sin dall’inizio ovvero dalle prime fasi di sperimentazione che hanno portato poi all’approvazione dei due farmaci in uso. Attualmente abbiamo in trattamento attivo presso il nostro centro oltre 250 pazienti con IPF”, ha dichiarato Paola Rogliani, Professore Associato Malattie Apparato Respiratorio Dipartimento Medicina Sperimentale Università di Roma, Direttore UOC Malattie dell’Apparato Respiratorio Dipartimento di Emergenza Policlinico Tor Vergata, Roma “I due farmaci approvati, che hanno meccanismi d’azione diversi oltre che diverse cautele di utilizzo, hanno mostrato efficacia nel rallentare la progressione di malattia e sono riservati solo nei centri esperti. Evidenze scientifiche sottolineano che i pazienti hanno un beneficio dall’uso di queste terapie perché preservano circa il 50% della funzione respiratoria che altrimenti andrebbe persa. Il lavoro dal punto di vista della ricerca farmacologica continua, sono in corso studi clinici su nuove molecole per ulteriori opportunità per i pazienti affetti da IPF. La diagnosi di IPF è complessa e necessita di una collaborazione multidisciplinare di esperti in queste patologie. Il suggerimento è quello di recarsi presso centri di riferimento per le patologie dell’interstizio polmonare nel sospetto di IPF”.

“L’emergenza sanitaria determinata dalla pandemia da COVID-19 ha duramente messo alla prova il Sistema Sanitario Nazionale determinando una inevitabile ricaduta sui servizi sanitari destinati ai cittadini (ritardi sule visite mediche, diagnosi e prevenzione, follow up oncologici, interventi chirurgici differibili ecc.), Sebbene la situazione epidemiologica in miglioramento stia gradualmente permettendo un ritorno alla normalità, nel recente passato si è assistito ad un difficile accesso dei cittadini a servizi sanitari sia per la paura del contagio sia per la limitazione di molte attività assistenziali. Il diritto alla salute di tutti i cittadini va però sempre tutelato. La pandemia ha sollecitato lo sviluppo di sistemi di controllo dei pazienti anche da remoto (telemedicina, tele monitoraggio ecc.). Per la gestione di pazienti affetti da malattie rare, la difficoltà è stata più grande in relazione alla necessità di accedere a centri specialistici. La tecnologia ha permesso condivisione e scambio di informazioni tra centri da remoto che ha ridotto i limiti determinati dalla necessità di spostamento dei pazienti tra centri. Il valore positivo di questa esperienza dovrebbe facilitare lo sviluppo di tali sistemi sebbene un sistema gestionale informatizzato troppo spinto potrebbe andare a discapito delle categorie fragili come ad esempio gli anziani. Dovrebbe essere fortificato il legame tra centri specialistici e territorio con percorsi di diagnosi e cura preferenziali. A tale scopo appare fondamentale investire sulla formazione del personale (sia medico che infermieristico) con possibilità di digitalizzazione della presa in carico dei pazienti con patologia rara. L’adozione di un modello di centri a rete Hub e Spoke può facilitare il percorso dei pazienti con malattie rare ma questo prevede l’adozione di precise linee guida (PDTA) condivise che garantiscano l’appropriatezza, sicurezza, l’efficacia, la qualità ed efficienza. Forse il limitare a pochi centri autorizzati alla diagnosi e cura delle malattie rare rappresenta un limite importante che a volte impedisce ai pazienti l’accesso alle terapie più idonee. A tale scopo mi sembra essenziale investire sulla formazione del personale sanitario sul territorio, di implementare i contatti tra centri anche a livello inter-regionale, o addirittura, sovranazionale. Accreditare nuovi centri per la diagnosi e cura delle malattie rare rappresenterebbe un vantaggio per i pazienti. Similmente sostenere l’importanza dei registri malattie rare che dovrebbero avere una diffusione non nazionale ma europea e mondiale (questo per implementare informazioni impattando sulla ricerca scientifica). Fondamentale in questo progetto il coinvolgimento del Terzo Settore. L’industria farmaceutica rappresenta un anello importante in questo sistema. Molto spesso restia ad investire capitali in ricerche su patologie rare per gli scarsi ritorni economici. Potrebbe essere utile costruire partnership Stato- Industria favorendo la ricerca potenziando le attività degli istituti destinati alla di ricerca scientifica (vedi ad esempio Università, Istituto Superiore di Sanità ecc.)”, ha sostenuto Alberto Ricci, Direttore UOC Pneumologia Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Roma

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