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In 10 anni in Italia 880mila morti da fumo e 7 milioni in Europa

Di Redazione |

(Adnkronos Salute) – Negli ultimi 10 anni sono morte a causa del fumo di sigaretta almeno 880mila persone solo in Italia e circa 7 milioni in Europa: decessi evitabili. A 10 anni dalla pubblicazione del best seller ‘101 motivi per non fumare’ (Guerini editore), gli autori e i membri del Board scientifico del Mohre, Osservatorio mediterraneo per la riduzione del danno in medicina, fanno il punto sulle nuove scoperte partendo dall’analisi del contesto: “Qualcosa nell’ultimo decennio è cambiato e non è rassicurante – afferma Oscar Bertetto, oncologo medico ex direttore Rete oncologica Piemonte e Valle d’Aosta – Abbiamo notato un aumento dell’incidenza di cancro nelle donne, specialmente polmone e vescica. Nonostante ad ammalarsi siano soprattutto gli uomini, sono le donne a rischiare di più la vita perché nel sesso femminile la diagnosi arriva troppo spesso in ritardo”. E “l’aumento dei casi tra le donne è in gran parte spiegabile con il numero crescente di fumatrici”. Le stime Airtum (Associazione italiana registri tumori) parlano di 40.800 nuove diagnosi di tumore del polmone nel 2020 (27.500 negli uomini e 13.300 nelle donne), ricordano dal Mohre. Il carcinoma della vescica è la quinta forma di cancro più frequente in Italia, con circa 27.100 nuovi casi diagnosticati nel 2018 nel nostro Paese: 21.500 tra gli uomini e 5.600 tra le donne. I tabagisti hanno da 4 a 5 volte più probabilità di ammalarsi rispetto ai non fumatori. Le donne hanno anche maggiore difficoltà a smettere di fumare e in questo modo rischiamo di perdere il vantaggio offerto da terapie nuove e mirate in termini di guarigione e sopravvivenza. “Per prima cosa la pandemia ha portato a un aumento del numero dei fumatori, quasi un milioni in più dai dati Iss del 2021. Ma a differenza di 10 anni fa abbiamo una mole enorme di dati relativamente alla sicurezza della sigaretta elettronica e del suo potenziale come strumento per la riduzione del danno, ma questo vantaggio si mantiene solo se l’uso è esclusivo. Invece, se la e-cig viene utilizzata solo per aggirare i divieti e il suo uso è contemporaneo e ‘duale’ a quello delle sigarette tradizionali, i benefici vengono vanificati”, avverte Fabio Beatrice, direttore del board scientifico Mohre. Al monito di Beatrice si associa Patrizia Noussan, primario di Cardiologia dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino e membro del board dell’Osservatorio: “Un recente studio pubblicato su ‘Circulation’, rivista dell’American Heart Association – evidenzia – ha concluso che non ci sono differenze significative dovuto all’uso esclusivo di sigarette elettroniche rispetto ai non fumatori, mentre l’uso duale riporta al rischio di quelli che fumano solo tabacco combusto. Conclusione emersa dall’analisi dei dati dello studio di coorte Path che ha riguardato 24.027 casi con più di 18 anni. In particolare, il passaggio all’elettronica è risultato associato a un rischio di eventi cardiovascolari inferiore del 30-40%. Interviene nel dibattito anche Giacomo Mangiaracina, presidente dell’Agenzia nazionale Anp per la prevenzione e membro del Mohre: “Non possiamo dimenticarci dei ragazzi che iniziano”, osserva. “Ostacolare l’iniziazione potrebbe essere più facile rispetto al curare una dipendenza. Le azioni di contrasto al tabagismo sono la chiave per capire se uno Stato riesce a tutelare i giovanissimi. L’Australia e la Nuova Zelanda ci stanno insegnando da qualche anno come si possa investire energie e strategie per eradicare il consumo di tabacco. Da loro – conclude – un pacchetto di sigarette costa più di 18 dollari”.

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