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Giro dell’Artico dell’ultracyclist Omar Di Felice quasi finito. “Qui il riscaldamento è 2,5 volte più veloce che nel resto del pianeta

Di Redazione |

Roma, 4 apr. Ha quasi finito il Giro del Mondo Artico con l’ingresso oggi in Alaska dallo Yukon, dopo oltre 3.000 km pedalati nei luoghi più freddi del nostro emisfero, ma un primo risultato c’è già: “qui si registra, dati alla mano ma non a un semplice sguardo, che il clima artico sta cambiando due volte e mezzo più velocemente rispetto al resto del pianeta”. L’ultracyclist romano Omar Di Felice, in una conversazione via WhatsApp con l’Adnkronos, testimonia la gravità del cambiamento climatico dopo gli scambi con climatologi, fisici e ricercatori di varie discipline coinvolti nel suo progetto “Bike to 1,5°”, una parte della ragione del suo viaggio iniziato in Kamchatka due mesi fa.

Di Felice è noto per le sue avventure estreme in bicicletta: la Parigi-Roma no stop è immediatamente comprensibile all’utente medio della bici, ma è nel freddo che di preferenza svolge le sue imprese ai limiti, come per esempio la traversata invernale del deserto del Gobi e la scalata al campo base dell’Everest (1.294 chilometri e 34.586 metri di dislivello fino a raggiungere i 5.364 metri di altitudine).

“Sicuramente il mio amore per il freddo e le condizioni invernali condizionano le mie decisioni in ambito di avventure -dice, in una conversazione diluita lungo tre giorni per le sue ovvie assenze dal web-, e ovviamente in inverno un’avventura artica è, più di tutte, quella che maggiormente mi rappresenta. Questa volta, date le mie esperienze passate e dato che ho lanciato il progetto Bike to 1.5° sui cambiamenti climatici, ho voluto fare un giro che racchiudesse tutto il mondo artico proprio per andare ad accendere i riflettori sulle criticità di questa parte di mondo dove temperature e clima stanno cambiando due volte e mezzo più velocemente rispetto al resto del pianeta”.

L’Artico “è una zona che noi sentiamo molto lontana ma dove poi in realtà l’impatto del cambiamento climatico è molto più alto. Come ho trovato il percorso? A occhio nudo per noi persone che veniamo da latitudini ‘normali’ fa freddo, le temperature sono rigide e le condizioni di innevamento possono sembrare quelle normali, ma il mio progetto non è andare a vedere e denunciare così, a caso, servono dati e con chi è coinvolto nel progetto abbiamo analizzato numeri e criticità: ne emerge un quadro molto preoccupante: l’Artico sta riscaldandosi 2,5 volte più velocemente del resto del mondo. Capisci che ha degli impatti su di noi che appunto viviamo a latitudini normali”.

Partito dall’estremo est russo, con temperature intorno ai -15° “e molte forti bufere”, Di Felice è poi passato per Groenlandia, Svalbard e Islanda, questi ultimi percorsi “in totale fuoristrada: lì ho dovuto utilizzare una fat bike (bici con copertoni estremamente larghi, ndr) invece della gravel con i copertoni chiodati e backpacking, con una slitta dietro per il mio bagaglio. Le temperature erano intorno ai -40°”. Fino a ieri in Yukon, da oggi, e tornato su una “normale” gravel, restano da pedalare “alcune centinaia di km in Alaska” per chiudere il giro. E tutto sotto il segno di una sfida nella sfida: “quando ho iniziato in Kamchatka, a Petropavlosk una coppia di poliziotti mi ha chiesto che diavolo ci facessi nella tempesta con la bici. Ho spiegato il mio progetto e mi hanno risposto che avevo lo 0,1% di probabilità di farcela”. Da allora quella risicata percentuale appare spesso nei suoi post.

Di Felice è anche impegnato nella divulgazione dell’uso della bici come mezzo di trasporto, e si può pensare che uno così rida delle scuse che gli italiani accampano contro la “meteo avversa” per non pedalare invece di guidare.

“Ma no, non mi viene da ridere, bisogna sempre contestualizzare. Sarebbe facile e riduttivo dire ‘voi vi lamentate del freddo ma non sapete cosa sia’. In realtà le analisi vanno fatte in maniera approfondita. Bisogna approfondire in particolare le comodità del nostro mondo e quanto noi siamo andati a modificare la natura per rendere le nostre condizioni di vita apparentemente più confortevoli. Nel renderle tali ci siamo dimenticati di rispettare il pianeta e ci siamo dimenticati delle grandi capacità di adattamento dell’essere umano”.

“Quando noi scegliamo di accendere il riscaldamento e di portare la temperatura delle nostre case a 22-23° non ci rendiamo conto dell’impatto sull’ambiente circostante. Cambiare piccole abitudini è ciò che ci può portare a invertire la tendenza. Questo non vuol dire andare a dormire in tenda o in mezzo alla neve o attraversare l’Artico in bicicletta come faccio io. Però bisogna adottare quei cambiamenti, come sul risparmio energetico, che è un tema di forte attualità, così come utilizzare e prediligere mezzi leggeri negli spostamenti. Almeno quelli cittadini: a piedi, in bici, mobilità condivisa, elettrica, e mobilità pubblica”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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